Il mondo dello sport, così come quello economico-finanziario, è soggetto a continui cambiamenti per via dell’evoluzione che la disciplina ha avuto nel corso degli ultimi decenni e per il business che si è creato attorno a tale mondo, con le società sportive che sono oramai divenute vere e proprie aziende che producono profitti oltre che risultati sportivi, “ospitando”, al loro interno, diverse figure di profili professionali. In tale contesto, si è resa necessaria anche una riforma dell’ordinamento sportivo (leggi l’articolo
Disposizioni in materia di ordinamento sportivo del 5 luglio 2019), in quanto, dallo sport dilettantistico a quello professionistico, cambiano anche i parametri fiscali, previdenziali e retributivi per tutti gli addetti ai lavori ed a coloro che gravitano nel mondo sportivo.
Si è proceduto, quindi, a mettere in atto una riforma che ha preso avvio con un disegno di legge recante
"Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione", approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 27 giugno 2019 (A.C. 1603-bis). Esso risulta dallo stralcio disposto dal Presidente della Camera del Capo III (artt. 6-11, recanti disposizioni per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive) del disegno di legge A.C. 1603, che il Governo aveva presentato come collegato alla Legge di Bilancio 2019 (
Legge n. 145/2018). Il Ddl è adesso all’esame in Commissione al Senato.
Il disegno di legge
Il testo è composto da 10 articoli, organizzato in 4 Capi e reca sei deleghe al Governo, le quali devono essere esercitate entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previa intesa, in alcuni casi, della Conferenza Stato-regioni e, in due casi, della Conferenza unificata.
Tra i principi e i criteri direttivi di carattere generale ricorrenti nelle varie previsioni di delega vi sono:
- l'organizzazione delle disposizioni per settori omogenei o per specifiche attività o gruppi di attività;
- il coordinamento, sotto il profilo formale e sostanziale, del testo delle disposizioni legislative vigenti, anche apportando le opportune modifiche volte a garantire o migliorare la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e ad adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;
- l'indicazione esplicita delle norme da abrogare, fatta salva comunque l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al Codice Civile.
Enti sportivi professionistici e dilettantistici e rapporto di lavoro sportivo
Tra gli interventi previsti nella riforma dell’ordinamento sportivo, particolare rilevanza assume l’articolo 5, il quale reca una delega al Governo per l'adozione di uno o più decreti legislativi per il riordino e la riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché per la disciplina del rapporto di lavoro sportivo.
La delega è finalizzata a
garantire l'osservanza dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione nel lavoro sportivo, sia nel settore dilettantistico che in quello professionistico.
Occorre anzitutto ricordare che, nella legislazione italiana, sono presenti solo le definizioni di sportivi professionisti e di rapporto di lavoro sportivo professionistico, mentre non vi sono le definizioni di sportivi dilettanti e di rapporto di lavoro sportivo dilettantistico.
A differenza di quanto visto per gli sportivi e per il rapporto di lavoro, la legislazione italiana disciplina, invece, sia le società sportive professionistiche che quelle dilettantistiche.
La disciplina delle società sportive professionistiche è regolata dagli articoli 10-13 della stessa
Legge n. 91/1981. La disciplina delle società e associazioni sportive dilettantistiche è recata, invece, dall’articolo 90 della
Legge n. 289/2002, il cui comma 17 specifica che esse possono assumere una delle seguenti forme: associazione sportiva priva di personalità giuridica (articoli 36 e ss. c.c.); associazione sportiva con personalità giuridica di diritto privato (D.P.R. n. 361/2000); società sportiva di capitali o cooperativa senza scopo di lucro.
La delega su tali misure stabilisce, al suddetto articolo 5, una serie di principi e criteri direttivi specifici, tra questi spiccano il riconoscimento del principio di specificità dello sport e del rapporto di lavoro sportivo, come definito a livello nazionale e dell'UE, nonché del principio delle pari opportunità, anche per le persone con disabilità, nella pratica sportiva e nell'accesso al lavoro sportivo sia nel settore dilettantistico, sia nel settore professionistico.
Oltre a ciò, particolare importanza riveste il criterio dell’
individuazione della figura del lavoratore sportivo, compresa la figura del direttore di gara, senza distinzioni di genere e indipendentemente dalla natura dilettantistica o professionistica dell'attività sportiva svolta, nonché la
definizione della relativa disciplina in materia di tutela assicurativa, previdenziale e fiscale e delle regole di gestione del relativo fondo di previdenza.
È prevista anche la disciplina dei rapporti di collaborazione di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale, per le prestazioni rese in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche, tenendo conto anche del fine non lucrativo di queste ultime ed il riordino della disciplina della mutualità nello sport professionistico.
Situazione attuale della previdenza degli sportivi
Per giungere ad una riforma di quanto sopra esposto, è opportuno comunque ricordare il quadro attuale: il versamento obbligatorio dei contributi da parte dei datori di lavoro è previsto solo per gli atleti sportivi professionisti, che sono iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti (FPSP).
Ad oggi, solo le federazioni riguardanti il calcio (FIGC), il basket (FIP), il golf (FIG) ed il ciclismo (FCI), contano al loro interno dei settori professionistici.
Attualmente, invece, gli atleti dilettanti, per ottenere la pensione, dovrebbero ricorrere a delle polizze integrative. I compensi percepiti dagli atleti dilettanti, infatti, sono esenti da imposte per importi fino a 10 mila euro, mentre, sui redditi eccedenti, e fino alla soglia di 30.658, 28 euro, si attua una ritenuta Irpef del 23 per cento a titolo d’imposta (che si applica in pratica sull’importo che supera i 10 mila euro, quindi su 20.658,28 euro). Superato tale limite, la ritenuta è a titolo d’acconto e, quindi, i redditi ulteriori vengono assoggettati all’Irpef ordinaria in dichiarazione dei redditi.
Per ciò che concerne gli atleti professionisti, si applicano, invece, le regole ordinarie Irpef.