La Corte di cassazione con la sentenza n. 23190/2019 depositata il giorno 27/05/2019 pone il principio di diritto per il quale un eventuale decreto di sequestro emesso in fase d'indagine preliminare ed avente ad oggetto somme di denaro di proprietà dell'indagato possa essere emesso nel solo caso in cui venga positivamente accertato il fumus commissi delicti, ovvero nella sola ipotesi in cui paia come probabile che l’indagato abbia effettivamente commesso il reato contestato.
Il caso di specie trae origine dal ricorso del procuratore della repubblica avverso un provvedimento del tribunale del riesame, tramite il quale i giudici annullavano il decreto di sequestro, avente ad oggetto beni dell’imputato al quale era stato contestato il reato di riciclaggio previsto dall' art. 648 c.p. per avere celato la provenienza di somme illecite originata da violazioni alle norme tributarie, commesse in territorio spagnolo.
Deduceva il Pm ricorrente in apposito motivo di ricorso come l’ordinanza emessa dal tribunale del riesame, ed oggetto dell’impugnazione, fosse del tutto carente di motivazione tanto da dovere essere revocata data la palese violazione di legge.
Il procedimento, dopo avere compiuto il proprio corso, veniva deciso da parte dei giudici della Suprema Corte con la sentenza n. 23190/2019, qui in commento.
La decisione assume una certa importanza, posto che delinea i caratteri dei provvedimenti diretti ad applicare misure cautelari di carattere reale.
In particolare, i giudici della Corte Suprema si soffermano sul carattere della motivazione che deve corredare il dispositivo di decisione.
Gli Ermellini precisano, infatti, in quali casi si incorra nelle ipotesi di motivazione meramente apparente che origina la nullità del provvedimento; si tratta delle ipotesi in cui la motivazione paia del tutto avulsa rispetto alle risultanze processuali o che faccia riferimento a mere affermazioni di carattere apodittico.
Tale casistica, non ricorre nel caso di specie. Infatti, a seguito della verifica del contenuto della motivazione del provvedimento opposto, era stato possibile verificare la corretta tecnica utilizzata da parte dei giudici del riesame, che avevano ad ogni modo proceduto ad una valutazione analitica della situazione di fatto e delle norme che la regolamentavano.
La motivazione prosegue con l'esame dei requisiti necessari al fine di potere applicare legittimante una misura cautelare di carattere reale.
Tra i presupposti legittimanti l’applicazione del provvedimento è indispensabile la presenza nella situazione oggetto di valutazione, del cosiddetto fumus commissi delicti, ovvero di una situazione che renda plausibile da parte dell’indagato la commissione di un delitto per il quale sia ipotizzabile l’applicazione di una misura cautelare di carattere reale.
Ricordano i giudici della Corte Suprema di cassazione come nella sede di riesame venga demandata al giudice la sola verifica sommaria dei presupposti di applicazione della misura alla luce di tutte le contestazioni difensive.
Nel caso di specie, che vedeva la contestazione del reato di riciclaggio di somme derivanti da illeciti fiscali, sulla base di alcuni trasferimenti di somme di denaro su conti correnti ad ogni modo riconducibili al soggetto sottoposto ad indagini, i giudici del riesame avevano ritenute fondate le tesi difensive circa la legittima provenienza delle predette somme.
Pertanto, osservano i giudici della Corte Suprema, la motivazione del decreto oggetto d' impugnazione da parte del Pm era del tutto legittima, potendosi sulla base di specifici presupposti normativi valutare la presenza o meno del fumus commissi delicti che nel caso di specie non era stato ritenuto configurabile.
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