4 settembre 2018

Sospensione giudiziale dell’avviso di accertamento: non pregiudica la notifica della successiva cartella

Autore: Giuseppe Avanzato
L’art. 47 del D.Lgs 546/92 disciplina il c.d. procedimento cautelare ovvero le tutele azionabili dal contribuente avverso gli atti esecutivi/cautelari.

In particolare, il primo comma della disposizione normativa richiamata dispone che: “Il ricorrente, se dall'atto impugnato può derivargli un danno grave ed irreparabile, può chiedere alla commissione provinciale competente la sospensione dell'esecuzione dell'atto stesso con istanza motivata proposta nel ricorso o con atto separato notificata alle altre parti e depositato in segreteria sempre che siano osservate le disposizioni di cui all' art. 22.”

Per effetto della sospensione non è possibile dare vita ad eventuali azioni esecutive (ossia il pignoramento) né ad azioni cautelari (fermo auto o ipoteca) finché dura la sospensione stessa.

Per ottenere la predetta sospensione il contribuente, presentata l’istanza alla Commissione tributaria competente e al fine dell’accoglimento della stessa, deve dimostrare la sussistenza sia del fumus boni iuris (ovvero la plausibilità del proprio ricorso) sia del periculum in mora (ovvero il rischio di un danno grave ed irreparabile al suo patrimonio).

Laddove sussistano i predetti elementi in esito all’istanza presentata il Collegio adito dispone con ordinanza l’accoglimento della cautelare.
Tuttavia, a ben vedere le disposizioni sul punto contenute nell’art. 47 sono piuttosto lacunose in quanto quest’ultime nulla dispongono in merito alle modalità di esecuzione dell’istanza o ai rimedi azionabili in caso di inosservanza della stessa.
Può accadere, infatti, che nonostante l’istanza di sospensione venga accolta dal Collegio non si realizzi effettivamente la sospensione del procedimento di riscossione, per cui il contribuente viene in ogni caso raggiunto dalla cartella di pagamento scaturente dall’atto notificatogli.

Ciò accade ad esempio in caso di notifica di un avviso d’accertamento (si precisa però che sono esclusi da quanto si dirà in seguito i c.d. avvisi d’accertamento esecutivi o impoesattivi).

La questione è stata affrontata per la prima volta in modo preciso dalla Corte di Cassazione nella recente ordinanza n. 30584/2017.

Nello specifico, il giudizio sottoposto all’attenzione degli ermellini aveva ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento conseguente alla iscrizione a ruolo a titolo straordinario (ex art. 15 bis del DPR n. 602/73) delle somme richieste al contribuente con un avviso di accertamento che era stato impugnato dal medesimo con un separato giudizio e per il quale era stata concessa la sospensione dell’atto.

La tesi del contribuente, era, in sostanza, che in conseguenza dell’accoglimento della sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento (atto presupposto alla cartella), disposta ai sensi dell’articolo 47, comma 1, del D. Lgs. 546/1992, l’Agente della Riscossione non avrebbe potuto legittimamente notificare la successiva cartella di pagamento (atto derivato), quindi, la stessa doveva essere annullata.

Tuttavia, a parere dei giudici di Piazza Cavour, la sospensione dell’esecuzione dell’avviso di accertamento non preclude in realtà la notifica della successiva cartella di pagamento, in quanto quest’ultima non costituisce un atto dell’esecuzione ma preordinata a questa. Nelle parole della Corte : “la cartella è solo un atto prodromico all’esecuzione ed ha un carattere meramente consequenziale rispetto agli avvisi di accertamento; ne discende che la sospensione dell’atto impositivo, concernendo l’esecuzione, non spiega effetti diretti sulla cartella, che è atto prodromico dell’esecuzione, di guisa che la cartella, ove impugnata, avrebbe dovuto essere a sua volta oggetto di richiesta di sospensione qualora la parte avesse ritenuto che potesse derivarle un danno grave ed irreparabile – richiesta che, nel caso di specie, non è stata avanzata”.

In altri termini a parere degli ermellini, in caso di notifica ad un contribuente di un avviso d’accertamento, ai fini dell’effettiva sospensione dell’atto, sarà necessario incardinare due distinti procedimenti cautelari uno avverso l’avviso d’accertamento e uno avverso la successiva cartella di pagamento.

E ciò in quanto secondo la Corte, la sospensione giudiziale dell’avviso d’accertamento o di qualsiasi altro atto presupposto non è idonea a impedire la notifica della successiva cartella di pagamento giacché quest’ultima non costituisce un atto esecutivo bensì un atto prodromico all’esecuzione. Pertanto, alla luce dell’orientamento dei giudici di legittimità il contribuente dovrà necessariamente incardinare un separato procedimento giudiziale avverso la cartella, chiedendo in seno al medesimo la sospensione. Si badi bene, la cartella sarà sospesa solo qualora il contribuente dimostri anche in quel caso il fumus boni iuris e il periculum in mora. In tali circostanze, si potrebbe inoltre valutare l’opportunità di chiedere la sospensione del processo ex art. 39 co. 1-bis D. lgs 546/92.

Ora, senza entrare nel merito di quanto affermato dalla Corte di Cassazione, appare opportuno precisare che la pronuncia della consulta non riguarda gli avvisi di accertamento esecutivi di cui all’art. 29, primo comma del DL 78/2010.

Inoltre, al fine di ottenere più sicuri risultati, potrebbe essere consigliabile per il contribuente chiedere la sospensione della cartella di pagamento in via extra-giudiziale.

All’uopo si ricorda, infatti, che la Legge di Stabilità 2013, e precisamente l’art. 1 ai commi 537 e seguenti della L. n. 228/2012 prevede la c.d. sospensione legale dell’esecuzione.

Ai sensi della disposizione richiamata il contribuente può chiedere, con apposita istanza presentata all’Agente della Riscossione, la sospensione immediata delle cartelle di pagamento qualora quest’ultima sia stata interessata da una serie di eventi, tra i quali la sospensione giudiziale. La dichiarazione del debitore deve essere presentata all’Agente della Riscossione entro sessanta giorni dalla notifica dell’atto. Entro i dieci giorni successivi alla data di presentazione, la dichiarazione con la relativa documentazione allegata, dovrà essere trasmessa dal concessionario all’ente creditore sul quale grava l’onere del controllo puntuale delle circostanze documentate. Laddove trascorrano 220 giorni dalla presentazione dell'istanza senza alcun riscontro, la pretesa è annullata di diritto e il debitore è automaticamente discaricato dei relativi ruoli.

Pare dunque che in questo caso la tutela amministrativa sia addirittura da preferire a quella giudiziale date le maggiori garanzie da essa offerta.
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