5 giugno 2018

Studi associati. Indagini in banca senza autorizzazione

Autore: Paola Mauro
È legittimo l’avviso di accertamento fondato su indagini bancarie autorizzate nei confronti di uno solo degli associati dello Studio professionale. Tale principio si ricava dalla lettura dell’Ordinanza n. 13353/2018 con cui la Sesta Sezione Civile – T della Corte di Cassazione ha accolto un ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

La sentenza, portata all’attenzione del Supremo Collegio, è stata emessa dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia – Sezione staccata di Catania. Questo Giudice ha annullato gli avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti degli associati di uno Studio legale sostenendo:
  • che l’accertamento bancario riguardante uno dei professionisti era stato eseguito in mancanza della prescritta autorizzazione;
  • che gli atti impositivi erano stati comunque emessi prima dello scadere del termine dilatorio di sessanta giorni di cui allo Statuto dei contribuenti, senza indicazione di ragioni di urgenza.

A fronte di questi assunti, l’Agenzia delle Entrate ha denunciato, nel giudizio di legittimità, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 nonché dell'articolo 12, comma 7, della legge n. 212 del 2000.

Ebbene, la Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, condivide le critiche mosse dall’Agenzia fiscale alla sentenza di appello e, di conseguenza, rinvia la causa alla CTR di Catania, in diversa composizione, per nuovo esame.

In sede di riesame la Commissione regionale dovrà attenersi ai seguenti principi:
  • «In tema di IVA, [ma lo stesso è a dirsi in tema di imposte dirette] la mancanza della autorizzazione dell'ispettore compartimentale (o, per la guardia di finanza, del comandante di zona) prevista dall'art. 51, secondo comma, n. 7, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 [nonché, per le imposte dirette, dall'art. 32, comma 1, n. 7, d.P.R. n. 600 del 1973], ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia dei conti bancari intrattenuti con il contribuente, non preclude l'utilizzabilità dei dati acquisiti, atteso che la detta autorizzazione attiene ai rapporti interni e che in materia tributaria non vige il principio (presente nel codice di procedura penale) della inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita, salvi i limiti derivanti da eventuali preclusioni di carattere specifico» (così Cass. n. 4987 del 2003; conf. Cass. n. 4001 del 2009. In Cass. n. 16874 del 2009 si è precisato che l'illegittimità può essere dichiarata «soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell'autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente»);
  • «In materia tributaria, non qualsiasi irritualità nell'acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell'accertamento comporta, di per sé, l'inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso, esclusi i casi [in cui non rientra quello in esame] in cui viene in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l'inviolabilità della libertà personale o del domicilio» (Cass. n. 27149 del 2011).

I Massimi giudici aggiungono che la Sentenza n. 228/14 della Corte costituzionale ha confermato la presunzione legale posta dall'articolo 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l'estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili.

Per quanto riguarda, infine, il motivo del ricorso erariale relativo all’emissione anticipata degli accertamenti impugnati, l’ordinanza in esame si allinea all’insegnamento della Sentenza n. 24823 del 2015 delle Sezioni Unite laddove afferma che il termine previsto dall’articolo 12, comma 7, St. contr. trova applicazione solo nel caso in cui l'Amministrazione finanziaria proceda ad accessi, ispezioni, verifiche fiscali «nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali», che è ipotesi non verificatasi nel caso in esame, in cui l'accertamento non ha richiesto alcun tipo di accesso presso lo Studio del contribuente, trattandosi pacificamente di accertamento c.d. "a tavolino".

In conclusione, la Suprema Corte accoglie il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Sicilia per nuovo giudizio.
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