19 maggio 2018

Studi di settore. Atto nullo per la crisi economica

Cassazione Tributaria, ordinanza depositata il 18 maggio 2018

Autore: Paola Mauro
L’accertamento di maggior reddito sulla base dello Studio di settore è illegittimo, se il contribuente prova che l’attività si è notevolmente ridotta in conseguenza della crisi economica che ha interessato il settore in cui opera (nella specie, l’edilizia). Lo ha stabilito la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 12273/2018, che respinge il ricorso dell’Agenzia delle entrate.

Facendo applicazione degli Studi di settore, l’Agenzia fiscale ha contestato a una Ditta edile ricavi non dichiarati e ha proceduto alla liquidazione dei contributi previdenziali INPS, nonché dell’Irpef, dell’Iva e dell’Irap per l’anno d’imposta 2002.

Ebbene, l’atto impositivo è stato annullato dal Giudice di primo grado, e tale statuizione è stata confermata dalla CTR di Venezia – Mestre, il cui verdetto è stato a sua volta confermato dalla Suprema Corte.

Ancora una volta i Massimi giudici ricordano che la procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standard” in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività - ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente, che in tale sede ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standard” o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello "standard" prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente (Cass. civ. Sez. Un. n. 26635/2009).

Nel caso che ci occupa, gli Ermellini rilevano che la CTR, nel rispetto del suddetto insegnamento delle Sezioni Unite, ha escluso l’applicabilità degli studi di settore, ponendo in rilievo che «la particolarità dell'attività svolta con l'ausilio di un solo collaboratore familiare, caratterizzata da una flessione nelle commesse e degli ordini tali da indurre a licenziare personale dipendente, rappresenta un aspetto particolarmente grave ed il contribuente prima che non congruo in relazione al volume di ricavi, si palesava altresì non coerente con riferimento al valore aggiunto per addetto». Il giudice di merito, quindi, ritenendo appurato che il contribuente aveva risentito della crisi economica che aveva interessato il settore edile di appartenenza, fatto decisivo ai fini della dimostrazione del conseguimento di minori ricavi, ha affermato che «la peculiarità gestionale in cui il contribuente ha operato nell’anno di riferimento» ha reso non applicabili i coefficienti previsti dagli Studi di settore, in ciò non venendo smentito dai Massimi giudici, che difatti hanno rigettato il ricorso erariale.

L’Agenzia fiscale non dovrà pagare le spese relative al giudizio di legittimità perché il contribuente non ha svolto difese.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy