12 luglio 2018

Trasferimento all’estero. Per il fisco conta il dato formale

Autore: Paola Mauro
L’accertamento effettuato a carico di un soggetto trasferito all’estero è legittimo fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe del Comune italiano. È quanto si ricava dalla lettura dell’Ordinanza n. 16634/2018 della Corte di Cassazione (Sez. VI-T), con cui è stato accolto un ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia ha annullato avvisi di accertamento sintetico, ex art. 38 comma 4 D.P.R. n. 600/73, per Irpef anni 2007 e 2008, avendo ritenuto dimostrata la residenza fin dal 2006 nel Regno Unito, dove il contribuente svolgeva la propria attività lavorativa, pagando le relative imposte.
  • La Commissione Regionale, a differenza dell’Ufficio procedente, ha ritenuto ininfluenti sia la tardiva iscrizione all’AIRE sia la qualifica di legale rappresentante di una società con sede in Italia, carica ricoperta dal contribuente in un periodo successivo a quello oggetto di accertamento (2009).

Ebbene, l’Agenzia delle Entrate si è rivolta dalla Suprema Corte lamentando la violazione di legge, per non avere la CTR considerato l'omessa presentazione della dichiarazione, pur in presenza di attività fiscalmente rilevanti svolte dal contribuente in Italia, in mancanza di iscrizione all'AIRE (avvenuta successivamente, nel 2014).

Ad avviso degli Ermellini il ricorso erariale è fondato.

I soggetti residenti fiscalmente in Italia devono inserire nella propria dichiarazione anche i redditi esteri che ottengono durante il periodo d'imposta. Ai sensi dell’art. 3 del TUIR, «L'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10 […] e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato». L’art. 2 del TUIR dispone che: «ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle Anagrafi della Popolazione Residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del Codice Civile». In ragione di quanto indicato dalle norme citate, i soggetti residenti fiscalmente nel territorio dello Stato sono tassati per i redditi ovunque prodotti.
  • Alla luce di quanto sopra i Massimi giudici ritenengono di giusto accogliere il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, poiché «va dato seguito alla giurisprudenza di questa Corte (n. 21970 de/ 2015) secondo cui le persone iscritte nelle anagrafi della popolazione residente si considerano, in applicazione del criterio formale dettato dall'art. 2 d.p.r. 917/1986, in ogni caso residenti, e pertanto soggetti passivi d'imposta, in Italia; con la conseguenza che, ai fini predetti, essendo l'iscrizione indicata preclusiva di ogni ulteriore accertamento, il trasferimento della residenza all'Estero non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall'anagrafe di un Comune italiano (v. Cass. 677/15, 14434/10, 9319/06)».

La sentenza impugnata non è risultata conforme al suddetto principio di diritto. Pertanto la Suprema Corte ha rinviato la causa alla CTR della Puglia, in diversa composizione, per nuovo giudizio.
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