10 settembre 2018

Un più efficace contrasto alle frodi IVA

Autore: Giovambattista Palumbo
Un settore su cui non possono essere più ammessi ritardi, secondo l’FMI, riguarda quello delle Frodi IVA.
Come sottolinea l’FMI, il gap IVA in Italia è stato stimato tra i più alti dell'UE e gli omessi versamenti di IVA sono una quota significativa (circa il 35%) dello stock dei ruoli in carico all’Amministrazione finanziaria.

In tale contesto l’attenzione principale andrebbe dunque focalizzata sulle frodi di IVA intracomunitaria cosiddette “missing-trader” (frodi carosello), poste in essere attraverso società fantasma, create ad hoc con l'intenzione fraudolenta di non pagare l'IVA, e permettere ad altri anelli della catena della frode di dedurre l'IVA e ottenere il rimborso o ridurre una passività, con anche società interposte al solo scopo di rendere difficoltose le indagini.

A tal fine però non basta certo l’anticipazione della dichiarazione Iva (mensile o trimestrale) per allineare gli F24 ed intercettare per tempo i mancati versamenti. Le «cartiere» sono infatti società la cui attività “imprenditoriale” consiste nello stampare fatture, ovviamente false, allo scopo di frodare l’Iva (e/o di ottenere fondi europei, ovviamente non spettanti).

Per consentire la realizzazione della frode carosello è necessaria l’interposizione di varie società con ruoli diversi:
  • imprese filtro comunitarie, collocate all’inizio del percorso della frode per garantire l’estraneità di collegamento da parte del produttore/fornitore e magari con sede in Stati in cui è possibile costituire società anonime per le quali non è possibile risalire a chi, di fatto, ne abbia la gestione;
  • imprese cartiere, intestate a prestanomi e col solo scopo di deresponsabilizzare l’operazione, inserendosi fittiziamente nei passaggi della compravendita e non versando poi l'IVA dovuta;
  • imprese filtro nazionali, clienti (sulla carta) delle società cartiere ed inserite per garantire l’estraneità delle reali beneficiarie della frode al circuito fraudolento;
  • imprese beneficiarie, le vere promotrici della frode, che ricevono la merce direttamente dal fornitore comunitario, ma documentano (fittiziamente) le relative transazioni attraverso il suesposto circuito cartolare.

Le società "cartiere" e "filtro" nascono per la "gestione" di un limitato numero di operazioni illecite e scompaiono poi velocemente, rendendo così estremamente difficoltosa l'individuazione degli effettivi responsabili dei fatti illeciti; e comunque, anche quando vengono rinvenuti i rappresentanti legali delle cartiere, si tratta per lo più di soggetti insolvibili, se non addirittura incapaci di intendere e di volere, magari convinti a firmare qualche documento in cambio di pochi euro.

A conferma di ciò si evidenzia del resto che lo stesso rapporto FMI riconosce che molte delle maggiori imposte, sanzioni e interessi derivanti da verifiche e indagini svolte dalla GdF è in definitiva inesigibile (in particolare i rilievi in relazione a casi di frode IVA) e semplicemente si aggiunge ad una già notevole quantità di imposte inesigibili da riscuotere.

E allora anticipare di sapere che il nullatenente deve pagare un’Iva non versata di 100 milioni di Euro a che cosa può concretamente servire, se intanto le indagini penali (sui veri artefici delle frodi) non sono concluse, o se, al di là dell’accertamento (poi magari impugnato) non si avviano serie misure cautelari (quasi mai avviate), etc etc?

Sottolinea l’FMI che il contrasto efficace a fenomeni di frodi Iva dovrebbe passare attraverso un corretto uso degli input provenienti dal VIES (il Sistema VIES, si ricorda, è il sistema elettronico di scambio dati sull’IVA a disposizione dei contribuenti italiani sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Su tale sistema il contribuente può, inserendo la partita IVA del soggetto estero, verificare la corrispondenza tra partita IVA e denominazione del cliente straniero, nonché se la partita IVA è ancora attiva oppure è stata chiusa ed in quale data).

Le procedure di cancellazione delle partite IVA, secondo l’FMI, sono troppo lente per fermare le frodi IVA in una fase iniziale e non riescono ad assicurare la rapida cancellazione dei missing traders dal sistema VIES, laddove la cancellazione ha dimostrato di essere molto efficace nel bloccare le frodi.

Quindi dovrebbe essere introdotta una procedura breve e rapida per annullare la registrazione del numero di partita IVA dal VIES.
Sarebbe comunque più opportuno intervenire nella fase di inclusione nell’archivio Vies che in quella di cancellazione (quando potrebbe essere troppo tardi).

L’iscrizione può essere richiesta, del resto, in sede d’inizio attività, oppure successivamente.
Una volta richiesta l’inclusione ed in assenza di segnalazioni che inibiscano l'operazione la partita IVA del soggetto richiedente è immediatamente inclusa nell'archivio e, di conseguenza, egli è sin da subito abilitato a porre in essere operazioni intracomunitarie.
Questo sistema di (quasi) automatico inserimento nel Vies, unito a quanto di seguito detto in tema di cancellazione, rende però molto difficile il contrasto alle frodi Iva (in particolare carosello).

L’esclusione dal VIES può essere infatti chiesta dal contribuente o disposta d’ufficio dalla stessa Agenzia delle Entrate, la quale, in qualsiasi momento può procedere alla verifica che i dati forniti dai soggetti siano completi ed esatti.
In caso di esito negativo, lo stesso Ufficio può emanare un provvedimento di cessazione della partita IVA e/o di esclusione dalla banca dati VIES (i criteri e modalità di cessazione della partita IVA e di esclusione dal VIES sono stati definiti con Provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 12 giugno 2017).

I controlli però sono effettuati entro 6 mesi dalla data di attribuzione della partita IVA o della comunicazione dell’opzione di inclusione nella banca dati in commento.
E’ dimostrato però che le frodi carosello si aprono e chiudono prima di 6 mesi e dunque il controllo rischia (e per lo più avviene così) di intervenire a frode già conclusa (e dunque di essere inutile).

I provvedimenti di esclusione, inoltre, sono emessi dall’Ufficio territorialmente competente sulla base del domicilio fiscale del titolare della partita Iva al momento dell’emissione dei provvedimenti stessi, laddove invece sarebbe forse preferibile accentrare in un ufficio centrale ad hoc un’attività di tale rilievo e necessità di coordinamento.

L’adozione del provvedimento di esclusione, del resto, richiede che venga accertato che:
  1. il soggetto IVA risulta privo dei requisiti soggettivi e/o oggettivi necessari per l’inclusione nel VIES;
  2. il contribuente nonostante il possesso dei requisiti, ha consapevolmente effettuato operazioni intracomunitarie in un contesto di frode IVA.

Ma l’accertamento della consapevolezza di partecipazione alla frode (cioè di uno stato mentale soggettivo) è particolarmente difficile (a questo serve l’inserimento delle numerose società “filtro”) e se non uniformemente attuato rischia di creare notevoli disparità di trattamento sul territorio nazionale.

Altro punto debole del sistema è che, sia in caso di cancellazione richiesta dal contribuente sia in caso di cancellazione d’ufficio, il soggetto IVA potrà richiedere nuovamente l’inclusione al VIES, secondo le stesse modalità di cui in premessa, mettendo così in moto nuovamente lo stesso meccanismo di inclusione e di controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate appena esposto (e dunque consentendo di fatto di avere altri 6 mesi di tempo per perpetrare nuove frodi).
Basterebbe dunque intervenire seriamente su tali meccanismi di controllo per diminuire il tasso di frodi Iva.


L’art. 60-bis al d.P.R. n. 633/1972, prevede la responsabilità solidale del cessionario nei casi in cui il cedente non provveda al pagamento dell’IVA.

Con l’emanazione del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 22 dicembre 2005 sono stati individuati i beni per i quali opera la solidarietà cedente-cessionario.

Dopo dieci anni probabilmente la normativa avrebbe bisogno di un aggiornamento (e di un rafforzamento).
L’art. 60-bis del d.P.R. 633/1972 pone a carico del cessionario IVA di particolari beni un’obbligazione solidale al versamento dell’imposta dovuta dal cedente, sempre però che ricorrano alcune condizioni:
  1. che il cessionario sia soggetto passivo IVA;
  2. che il prezzo della cessione sia inferiore al valore normale della stessa.

Per essere esonerati dall’obbligo di pagare il tributo non versato dal cedente, al cessionario è data comunque la facoltà di provare che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell’imposta.

Con il d.m. 22 dicembre 2005 sono state così individuate le categorie merceologiche destinatarie della nuova regola: autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, prodotti di telefonia e accessori, computer, animali vivi e carni fresche.

Omesso il versamento dell'IVA, rilevato che si tratta di uno dei beni previsti nei decreti ministeriali e che il corrispettivo è inferiore al valore normale, il cessionario è dunque solidalmente tenuto, salvo che dimostri (con documenti) o che il prezzo ha una giustificazione in particolari condizioni di fatto o di diritto o che, comunque, esso non è correlato al mancato pagamento. Si tratta quindi di una sorta di presunzione legale a prova contraria limitata nel mezzo e oggetto.

La responsabilità in solido dovrebbe svolgere dunque un’azione deterrente sul cessionario che sapeva o avrebbe dovuto sapere delle attività fraudolente dell’altro contraente.

Potrebbe quindi essere opportuno estendere l’ambito delle categorie merceologiche coperte dalla responsabilità solidale.
Rispetto al meccanismo del disconoscimento della detrazione, la responsabilità solidale del cessionario sembra del resto più efficace.
La responsabilità in solido è stata introdotta del resto proprio per contrastare le frodi carosello, evitando che il cessionario di beni di importazione, per i quali non sia stata versata l’Iva dovuta dal cedente, pur non concorrendo all’evasione di imposta, si avvalga indebitamente dell’anomala riduzione del prezzo di vendita, conseguente al mancato versamento di quanto spettante all’Erario.
La previsione di una responsabilità solidale, a livello comunitario, trova peraltro la sua legittimazione nell’articolo 21, paragrafo 3, della VI direttiva.

In ambito comunitario, il tema della responsabilità solidale è inoltre trattato dalla direttiva 2006/112/Ce che, agli articoli 205 e 207, prevede espressamente la possibilità di estendere a un soggetto diverso dal debitore la responsabilità per il versamento dell’imposta sul valore aggiunto.
La Corte di giustizia Ue si è espressa più volte in merito alla compatibilità comunitaria di provvedimenti nazionali recanti regimi di responsabilità solidale per il versamento dell’Iva.

In proposito, si segnala la sentenza 11 maggio 2006, causa C-384/04, con la quale i giudici europei, chiamati a esprimersi sulla compatibilità comunitaria di un regime nazionale di responsabilità solidale introdotto dall’Inghilterra (per certi aspetti simile al “nostro” articolo 60-bis del Dpr 633/1972), hanno chiarito che gli Stati membri possono ritenere un soggetto responsabile per l’assolvimento dell’Iva qualora questi, al momento in cui abbia effettuato l’operazione, sapesse o avesse ragionevolmente dovuto sapere che, nella catena di cessioni, l’Iva non sarebbe stata assolta.
Non sussiste, in tal caso dunque, almeno in linea di principio, alcun elemento di contrarietà rispetto ai principi ispiratori della sesta direttiva.
Insomma, basterebbero in fondo pochi accorgimenti per contrastare fenomeni evasivi che valgono decine di miliardi di Euro.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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