15 marzo 2018

Una nuova nozione di controllo ai fini del transfer pricing?

Autore: Silvia Bettiol
L’art. 110 comma 7 del T.U.I.R., recante la disciplina in tema di transfer price, stabilisce che la stessa trova applicazione solo in relazione a soggetti appartenenti al medesimo gruppo.
In particolare, viene fatto riferimento al principio del controllo. Secondo l’art. 2359 comma 1 c.c. sono considerate società controllate:
  1. le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
  2. le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
  3. le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Già con la C.M. 32/1980 l’Amministrazione ha avuto modo di sostenere che il concetto di controllo ai fini del transfer price deve essere inteso in senso più ampio rispetto alla definizione del codice, dove si fa riferimento ai voti e all’influenza dominante e deve includere anche casistiche quali:
  • la vendita esclusiva di prodotti fabbricati dall’altra impresa;
  • l’impossibilità di funzionamento dell’impresa senza il capitale, i prodotti e la cooperazione tecnica dell’altra impresa (fattispecie comprensiva delle joint ventures);
  • il diritto di nomina dei membri del consiglio di amministrazione o degli organi direttivi della società;
  • la presenza di membri comuni del consiglio di amministrazione;
  • la presenza di relazioni di famiglia tra le parti;
  • la concessione di ingenti crediti o prevalente dipendenza finanziaria;
  • la partecipazione da parte delle imprese a centrali di approvvigionamento o vendita;
  • la partecipazione delle imprese a cartelli o consorzi, in particolare se finalizzati alla fissazione di prezzi;
  • il controllo di approvvigionamento o di sbocchi;
  • la presenza di una serie di contratti che modellino una situazione monopolistica;
  • in generale tutte le ipotesi in cui venga esercitata potenzialmente o attualmente un’influenza sulle decisioni imprenditoriali.

La tesi dell’Ufficio è stata avvalorata anche da recente giurisprudenza. In particolare, la sentenza Cassazione n. 8630/2016 ha evidenziato che “la norma fiscale non rinvia per la definizione del concetto all'articolo 2359 del codice civile: circostanza questa che non può apparire casuale e priva di significato ove si consideri che numerose sono invece le norme, in ambito fiscale ed anche nello stesso T.U.I.R., che, nel richiamare il concetto di controllo, lo definiscono espressamente: a volte per rinvio espresso all'art. 2359 del codice civile v. d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 38-bis comma 5, in tema di rimborso del credito Iva in ambito di gruppo; v. anche, all'interno dello stesso T.U.I.R., l'art. 73, comma 5-quater, art. 98, ora abrogato, in tema di thin capitalization; l'art. 155; l'art. 167, in tema di società estere controllate (CFC); l'art. 175; altre volte con limitato riferimento al comma 1, n. 1 del predetto art. 2359 v. T.U.I.R. art. 96, comma 2, come modificato dal D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, art. 4, comma 1, lett.a); art. 117, comma 1, e art. 130, comma 1, in tema di consolidato; artt. 177 e 178 in tema di scambi di partecipazioni infragruppo; altre volte ancora ne danno una autonoma e specifica definizione D.P.R. 26 ottobre1972, n. 633, art. 73, u.c.”.

Secondo i giudici, pertanto, il silenzio serbato nella ipotesi in esame appare, dunque, espressivo di una precisa scelta della volontà del legislatore di non vincolare la nozione di controllo fiscale a quella civilistica.
Il tema fa nuovamente capolino nella recente bozza di decreto ministeriale emanato ai sensi dell’ultimo periodo del comma 7 dell’art. 110. È infatti stabilito che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l'applicazione del presente comma
L’art. 2 della bozza contiene alla lettera b) la definizione di “partecipazione nella gestione, nel controllo o nel capitale”.
La stessa viene declinata con due modalità:
  • a) la partecipazione che una persona o un’impresa detiene, direttamente o indirettamente, per oltre il 50 per cento nel capitale di un’altra impresa; oppure
  • b) l’influenza dominante che una persona o un’impresa ha sulle decisioni commerciali o finanziarie di un’altra impresa.

Non si può tacere come l’impostazione richiami tutto sommato l’art. 2359 del c.c.
Che si tratti di una rivisitazione delle posizioni espresse in precedenza nella C.M. 32/1980?
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