7 maggio 2018

Utili extracontabili: presunzione di distribuzione

Autore: Giovambattista Palumbo
L'accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a ristretta base societaria costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell'accertamento nei confronti dei soci. Non ricorrendo, come per le società di persone, un'ipotesi di litisconsorzio necessario, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso. E questo a prescindere dal carattere definitivo dell'accertamento nei confronti dell'ente.

Il caso - La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 10208 del 27/04/2018, ha risolto una controversia in tema di utili extracontabili rilevati nell’ambito di una Srl a ristretta base societaria.

La vicenda originava da un accertamento compiuto nei confronti di una S.r.l., verso la quale erano stati ipotizzati ricavi extracontabili per 3,2 milioni di euro.

Analogo avviso di accertamento era quindi stato notificato al socio dell'ente al 10%, contestandogli l'omessa dichiarazione di redditi per circa 320.000 euro, quali utili ricevuti pro quota, in ragione della ristretta base sociale della s.r.l.

La Commissione Tributaria Regionale, confermando la decisione di primo grado, riteneva che:
  1. l'avviso di accertamento di utili extracontabili può esser emesso nei confronti del socio solo qualora ne sussista già uno a carico della società, con il quale si contesti l'omessa contabilizzazione degli utili medesimi (o l'imputazione di costi inesistenti);
  2. in ogni caso, la presunzione di distribuzione degli utili ai soci è legittima solo quando l'accertamento nei confronti della società diviene definitivo.

La decisione - I giudici di legittimità osservano che l'accertamento tributario nei confronti di una società di capitali a base ristretta, nella specie riferito ad utili extracontabili, costituisce un indispensabile antecedente logico-giuridico dell'accertamento nei confronti dei soci, in virtù dell'unico atto amministrativo da cui entrambe le rettifiche promanano, con la conseguenza che, non ricorrendo, come per le società di persone, un'ipotesi di litisconsorzio necessario, in ordine ai rapporti tra i rispettivi processi, quello relativo al maggior reddito accertato in capo al socio deve essere sospeso ai sensi dell'art. 295 cod. proc. civ., applicabile nel giudizio tributario in forza del generale richiamo dell'art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992.

E questo, peraltro, a prescindere dal carattere definitivo dell'accertamento nei confronti dell'ente, erroneamente affermato nella sentenza impugnata, costituendo comunque - tale accertamento in sé - presupposto del distinto accertamento presuntivo a carico del socio.

E fermo restando, comunque, che i due giudizi mantengono carattere indipendente, con la conseguenza che il socio, ove abbia impugnato l'accertamento a lui notificato senza aver preso parte al processo instaurato dalla società, conserva la facoltà di contestare non solo la presunzione di distribuzione di maggiori utili, ma anche la validità dell'accertamento, a carico della società, in ordine a ricavi non contabilizzati.

Qualora, poi, quest'ultimo assuma carattere definitivo a favore della società, il giudicato così formatosi ha efficacia riflessa nel giudizio intercorso tra l'Agenzia delle Entrate ed il socio, in quanto detto accertamento negativo rimuove il presupposto da cui dipende il maggior utile da partecipazione conseguito dal socio stesso.

Osservazioni - Nella presunzione di distribuzione ai soci degli utili extracontabili di una società a ristretta base sociale, il fatto noto che sorregge la presunzione di distribuzione degli utili extracontabili non è costituito dalla sussistenza di questi ultimi, ma dalla ristrettezza della base sociale e dal vincolo di solidarietà e di reciproco controllo dei soci, che, in tal caso, normalmente, caratterizza la gestione sociale, cosicché la sussistenza di utili extracontabili costituisce il presupposto non della presunzione di distribuzione degli stessi tra i soci, ma dell'accertamento della concreta percezione di una determinata somma, da ciascun socio, in ragione della sua quota di partecipazione agli utili sociali.

Tale presunzione, ai sensi dell'art. 39, primo comma, lett. d), del dPR 29 settembre 1973, n. 600, determina un’inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, dovendo questi offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, per essere stati, invece, accantonati dalla società, ovvero per essere stati da essa reinvestiti.

Pertanto, la circostanza che l'accertamento degli utili extracontabili di una società a ristretta base azionaria sia contenuto in un alto impositivo non definitivo o in una sentenza non passata in giudicato non incide sulla operatività della presunzione di distribuzione di tali utili fra i soci (e dunque sull'accertamento di maggiori redditi da partecipazione dei singoli soci, o sul recupero dell'omesso versamento delle ritenute alla fonte sui dividendi derivanti ai soci dalla distribuzione dei suddetti utili extracontabili), bensì sulla individuazione dell'oggetto di tale distribuzione.

L'utile della società accertato, non riportato nelle scritture contabili ed in ordine al quale la società non dimostri che sia stato portato in aumento dello stato patrimoniale, o abbia avuto altra destinazione, deve dunque presumersi diviso fra i soci in ragione della loro partecipazione azionaria.
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