16 ottobre 2015

Professionisti. Prescrizione quinquennale per la Cassa

Autore: Redazione Fiscal Focus
Le sanzioni connesse al mancato versamento dei contributi previdenziali alla Cassa professionale si prescrivono in cinque anni.
È quanto ha chiarito la Corte di Cassazione – Sesta Sezione (L) – con la sentenza n. 20585/15, pubblicata il 13 ottobre.

Nel caso esaminato, una Cassa di previdenza ha ottenuto un’ingiunzione di pagamento nei confronti di un proprio iscritto e l’originaria pretesa (oltre 70mila euro) è stata ridotta drasticamente dai giudici di merito nel giudizio di opposizione instaurato dall’intimato. Dal che il ricorso per cassazione in quanto, ad avviso dell’ente previdenziale, le sanzioni dovevano ritenersi assoggettate al termine decennale di prescrizione e non già quinquennale; ma la Cassazione ha respinto il ricorso perché “le sanzioni civili costituiscono una conseguenza automatica, legalmente predeterminata, dell'inadempimento o del ritardo e assolvono una funzione di rafforzamento dell'obbligazione contributiva alla quale si sommano”. Pertanto il credito vantato dall'ente previdenziale “ha la stessa natura giuridica dell'obbligazione principale e, pertanto, resta soggetto al medesimo regime prescrizionale”, ossia quinquennale.

Gli ermellini hanno osservato che l’art 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995, prevedendo che le contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono in dieci anni per quelle di pertinenza del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e delle altre gestioni pensionistiche obbligatorie - termine ridotto a cinque anni con decorrenza 1 gennaio 1996 (lettera a) - e in cinque anni per tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria (lettera b), ha regolato l’intera materia della prescrizione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con conseguente abrogazione, per assorbimento, delle previgenti discipline differenziate, sicché è venuta meno la connotazione di specialità in precedenza sussistente per i vari ordinamenti previdenziali.
La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto quindi operante la prescrizione quinquennale per varie ipotesi di sistemi previdenziali categoriali: ad esempio ingegneri e architetti, commercialisti e geometri (Cass. n. 4050/2014; n. 9525/2002; n. 11140/2001 etc.).

Il tenore della disposizione di cui all’art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995, secondo i supremi giudici, non lascia spazio a interpretazioni diverse: da essa si evince che il legislatore ha inteso regolare l'intera materia della prescrizione dei crediti contributivi degli enti previdenziali, con riferimento a tutte le forme di previdenza obbligatoria, comprese quelle per i liberi professionisti. Infatti la previsione di cui alla lettera b), riferita a “tutte le altre contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria”, è onnicomprensiva e non lascia fuori nessuna forma di previdenza obbligatoria. Né può ritenersi che l’art. 3, comma 10, contenga il richiamo a una disposizione in tema di sospensione dei termini di prescrizione (art . 2, comma 19, D.L. n. 463/83, conv. con mod. in L. n. 638/83), che non si applicherebbe ai liberi professionisti. Tale circostanza, infatti, non esclude la portata generale e organica della normativa in questione, la quale si applica a “tutte” le contribuzioni di previdenza e di assistenza obbligatorie, comprese quelle relative ai liberi professionisti.

Gli ermellini hanno poi avuto modo di ricordare che, per i contributi relativi al periodo precedente la data di entrata in vigore della legge 395, è stato mantenuto il termine decennale di prescrizione in presenza di atti interruttivi o di procedure iniziate nel rispetto della normativa precedente. Per le contribuzioni successive a detto periodo, invece, la situazione delle Casse non appare dissimile da quella degli altri enti di previdenza e assistenza obbligatoria, onde un’eventuale diversità di trattamento con riguardo al termine di prescrizione sarebbe ingiustificata e irragionevole.
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