8 aprile 2019

Rinuncia dei soci ai crediti: i commercialisti di Roma risolvono i dubbi

Autore: Simone Carunchio
La Fondazione Telos dell’ODCEC di Roma, nel Documento di febbraio 2019, dal titolo La rinuncia dei soci alla restituzione dei crediti, ha analizzato le principali problematiche che emergono nell’applicazione della disciplina relativa all’istituto. La disamina spazia dalla disciplina civilistica a quella di diritto commerciale e contabile, fino a quella tributaria. È soprattutto in quest’ultimo ambito che emergono le maggiori difficoltà. Nello specifico sono trattate, tra le altre, le tematiche della teoria dell’incasso giuridico, della rinuncia parziale, di quella ‘internazionale’, delle modalità di comunicazione del valore fiscale del credito e della rilevanza degli apporti da rinuncia ai fini ACE.

La rinuncia dei soci alla restituzione dei crediti vantati nei confronti della società partecipata (comunemente chiamata ‘rinuncia ai crediti’) è un istituto che ha la sua maggiore diffusione nei casi di sottocapitalizzazione della società. Vi si ricorre principalmente perché è gestibile in modo più flessibile di quanto avvenga per gli ordinari aumenti di capitale. La rinuncia in parola è, infatti, una modalità tecnico-giuridica con la quale il socio effettua un apporto a fondo perduto al fine di incrementare il patrimonio sociale senza, tuttavia, incidere sul capitale nominale. In capo al socio, d’altro canto, essa produce l’effetto di accrescere il costo della sua partecipazione.

In ordine alla relativa disciplina, è possibile individuare un netto confine temporale: quello del 2015, in cui sono state varate norme di modifica delle discipline contabili e fiscali. In quest’ultimo ambito, in particolare, si è passati da una totale irrilevanza delle rinunce a una loro rilevanza parziale. Ciò ha generato delle nuove importanti problematiche.

Ma ancor prima degli ultimi interventi normativi menzionati, l'istituto ha da sempre posto l'operatore di fronte a numerose problematiche (attuali anche a seguito delle novelle), le quali sono riconducibili, oltre che, soprattutto, a previsioni di natura tributaria, anche a interpretazioni civilistiche. Per quanto attiene al primo aspetto, il riferimento è: alla rilevanza di detti apporti in relazione alla disciplina sull'aiuto alla crescita economica (ACE); alla teoria del cosiddetto incasso giuridico, in base alla quale si afferma che il socio abbia incassato ‘giuridicamente’ la somma a cui rinuncia e l’abbia poi riversata in società, e, in ultimo, alla presunzione in base alla quale i versamenti privi della manifestazione della causa siano finanziamenti. Ciò conduce agli aspetti prettamente civilistici, ossia, in particolare, alla natura della causa dell'operazione in parola e all’inquadramento generale della relativa fattispecie (e dell’atto che la manifesta).

A seguito delle modifiche apportate alle norme civilistico-contabili sulla composizione e struttura del bilancio dal D. Lgs. n. 139/2015 e a quelle a cui è stato sottoposto l'art. 88 del TUIR in relazione alle sopravvenienze emergenti a seguito della rinuncia da parte dei soci alla restituzione di un credito ad opera del D. Lgs. n. 147/2015, oltre le problematiche appena indicate (che non sono state risolte), se ne sono profilate di nuove.

In base all'ultima norma appena richiamata, infatti, la parte eccedente il valore fiscale del credito, determinata confrontando quest'ultimo con quello contabile, genera una sopravvenienza attiva in capo alla società debitrice (e un aumento del costo della partecipazione in capo al socio creditore). Inoltre è stabilito che detto valore debba essere comunicato dal socio alla società con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, pena l'azzeramento del valore fiscale del credito.

Dette nuove previsioni pongono problemi in relazione: alla determinazione della parte eccedente il valore fiscale del credito, in particolare in caso di adozione del metodo di valutazione del costo ammortizzato; alla forma della dichiarazione sostitutiva e ai termini di presentazione della stessa; alla rilevanza delle rinunce ‘internazionali’; alla rinuncia parziale e alla penalizzazione che potrebbero sopportare i soci che non abbiano rinunciato o che lo abbiano fatto senza che sia emersa alcuna sopravvenienza.


Il documento la rinuncia dei soci alla restituzione dei crediti



Nel Documento di febbraio 2019 della Fondazione Telos dell’ODCEC di Roma, dal titolo la rinuncia dei soci alla restituzione dei crediti, sono affrontate le problematiche pocanzi indicate, secondo uno schema ben preciso: nel capitolo 2 sono affrontate le questioni prettamente civilistiche, in quello successivo quelle di diritto commerciale, nel capitolo 4 quelle di natura contabile e nel capitolo 5 le problematiche fiscali.
Di seguito si riassumono le principali problematiche segnalate dalla Fondazione e le relative soluzioni proposte in relazione alla materia tributaria.

Tali problematiche derivano, in ultima analisi, dalla difficoltà di inquadrare sistematicamente la norma contenuta nell'art. 88, comma 4-bis, del TUIR, la quale appalesa anche una natura antielusiva, in quanto si è cercato, attraverso la sua introduzione, di evitare che a una deduzione derivante da un decremento del valore del credito non corrispondesse un importo imponibile in capo all'altro soggetto debitore.

Per quanto concerne la teoria dell’incasso giuridico, la Fondazione, dopo averne rievocato l’origine (circolare n. 73/E/1994) e aver contestato la valenza della teoria in base alla disciplina previgente al 2015 (in particolare richiamando le conclusioni civilistiche di cui sopra), ritiene che essa non sia condivisibile nemmeno con la normativa attuale, avanzando l’ipotesi che il valore fiscale di un credito rappresentativo di un reddito assoggettato a imposizione secondo il principio di cassa sia per natura pari a zero. Pertanto la tesi sostenuta, anche di recente dall’Amministrazione, della tassazione in capo al socio (risoluzione n. 124/E/2017) non sarebbe più sostenibile.

In ordine alla rinuncia parziale, ci si chiede se l’ammontare dell’oggetto della stessa debba essere ripartito proporzionalmente tra la parte di bilancio e quella fiscalmente riconosciuta o il contribuente possa avvalersi della facoltà di imputarlo alla parte corrispondente al valore fiscale. A parere della Fondazione la soluzione più corretta è la prima perché il credito è un’entità unica, così come il debito della società partecipata.
Per quanto attiene alle rinunce ‘internazionali’, ci si può chiedere se, qualora si presentino dette circostanze sia necessario ricercare i valori di bilancio e fiscali del credito. In proposito, a parere della Telos, parrebbe dirimente l'origine estera o interna del credito: se un socio non residente in Italia rinuncia a un credito sorto all'estero, infatti, non risulta applicabile l'art. 88 TUIR; se viceversa, il credito è sorto in Italia, detta norma deve essere applicata.

In ordine alle modalità di comunicazione del valore fiscale del credito, ossia alla presentazione della dichiarazione sostitutiva da parte del rinunciante, nel documento in esame si argomenta che ad essa sia allegata una fotocopia del documento di identità del sottoscrittore e che sia comunicata con ricevuta a/r o attraverso PEC, in maniera da assicurare la data certa al documento. Inoltre devesi concludere che la comunicazione della stessa deve essere effettuata in ogni caso, anche qualora la società sia a conoscenza dei dati in essa indicati, ed entro l'ultimo termine utile che è quello della presentazione della dichiarazione dei redditi (e non al momento della rinuncia).

Un’ulteriore problematica affrontata dalla Fondazione Telos è quella che attiene alle rinunce ai crediti commerciali dei soci ai fini dell’aiuto alla crescita economica (di seguito ACE), di cui al D. L. n. 201/2011: l’Amministrazione finanziaria, difatti, ha in più occasioni ribadito (circolari nn. 12/E/2014 e 21/E/2015) che esse (diversamente da quelle ai crediti finanziari) non assumono rilevanza per ragioni antielusive. Nel documento in esame si sostiene che detta impostazione dovrebbe considerarsi superata a seguito delle modifiche di cui è stato oggetto l’OIC 28 e dell’introduzione del principio di derivazione rafforzata. Inoltre, sempre a parere della Fondazione, l’oggetto delle rinunce a crediti commerciali è pur sempre di natura pecuniaria.

Ancora diversa è la problematica affrontata dalla Telos in merito alla complessiva impostazione dell’art. 88, comma 4-bis, del TUIR. Essa difatti, potrebbe generare una penalizzazione in capo a quei soci che non abbiano rinunciato, o che lo abbiano fatto senza che sia emersa alcuna sopravvenienza, in particolare qualora le rinunce siano avvenute in seno a società fiscalmente trasparenti. Poiché, infatti, la sopravvenienza è rilevante per la società, essa risulta in realtà ‘dirottata’ in capo ai soci. La soluzione indicata dalla Fondazione è quella di imputare per trasparenza la sopravvenienza al solo socio che l’ha fatta emergere, in analogia a quanto previsto nell’ambito della disciplina dell’assegnazione di beni in godimento ai soci e familiari. Rispetto alle società che invece non applicano il principio della tassazione per trasparenza, la soluzione pocanzi indicata non risulterebbe applicabile e pertanto, sarebbe necessario un intervento da parte del legislatore.
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