8 settembre 2018

Riqualificazione degli atti: le considerazioni dei Notai

Lo Studio n. 17 del 2018, approvato dalla Commissione Studi Tributari il 22 febbraio 2018 del Consiglio Nazionale del Notariato1, è intervenuto sulle modifiche apportate all’art. 20 del Testo Unico dell’Imposta di Registro, dalla Legge di Bilancio 2018, che di fatto superano quell’orientamento della giurisprudenza2 e degli uffici finanziari3 volto a valorizzare, nel contesto dell’art. 20 citato, l’operazione economica, complessivamente realizzata anche attraverso una successione di atti distinti.

A seguito delle modifiche apportate dal comma 87, dell’art.1, della L. 27.12.2017, n. 205, la norma, a partire dal 1° gennaio 2018, consente l’applicazione dell’imposta, sempre secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici, ma limitatamente all’atto presentato alla registrazione e non più agli atti presentati, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, e sulla base dei soli elementi desumibili dall'atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dalle norme successive, che investono altre fattispecie.

L’intervento normativo è volto – come si legge nella relazione illustrativa al provvedimento – “a definire la portata della previsione di cui all’art. 20 del T.U.R. al fine di stabilire che detta disposizione deve essere applicata per individuare la tassazione da riservare al singolo atto presentato per la registrazione, prescindendo da elementi interpretativi esterni all’atto stesso (ad esempio, i comportamenti assunti dalle parti), nonché dalle disposizioni contenute in altri negozi giuridici collegati con quello da registrare. Non rilevano, inoltre, per la corretta tassazione dell’atto, gli interessi oggettivamente e concretamente perseguiti dalle parti nei casi in cui gli stessi potranno condurre ad una assimilazione di fattispecie contrattuali giuridicamente distinti (non potrà, ad esempio, essere assimilata a una cessione di azienda la cessione totalitaria di quote)”.

Ma l’aspetto che presenta rilevanti effetti è quello relativo alla natura delle norme introdotte, e di conseguenza all’efficacia temporale delle stesse. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate, nel corso di TeleFisco 2018, ha ritenuto che detta norma trova applicazione “con riferimento all’attività di liquidazione dell’imposta effettuata dagli uffici […] a partire dal 1.1.2018”, atteso che “il legislatore non ha qualificato le modifiche normative in argomento quali norme di interpretazione autentica”, richiamando l’art. 1, co. 2 e l’art. 3, della Legge n. 212/2000.
Come anticipato, l’art. 20 esclude, quindi, il ricorso ad elementi interpretativi esterni e ad atti collegati, tuttavia tale espresso disconoscimento in via generale potrebbe trovare eccezione in altre disposizioni.

Lo stesso art. 20 fa, infatti, salve le successive disposizioni. E su questo aspetto appaiono di rilievo le considerazioni e gli esempi espressi nel corpo dello Studio del Consiglio nazionale del Notariato: “Si pensi, ad esempio, all’art. 24 relativo alla presunzione di trasferimento delle pertinenze, o alle ipotesi di tassazione coordinata, ossia alle previsioni del testo unico dell’imposta di registro le quali stabiliscono le modalità di coordinamento e di tassazione di una seconda vicenda negoziale che si sovrappone ad una precedente, come nei casi di conferma, ratifica e convalida, di risoluzione, dichiarazione di nomina, ecc..”

Oltre queste ipotesi, lo Studio opera qualche ulteriore riflessione rispetto ad altre fattispecie particolari. “Ad esempio, quando agli effetti di un altro tributo, in regime di alternatività con l’imposta di registro, rilevi una nozione di “operazione” più che di singolo atto. In particolare, agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto si ritiene possa assumere rilevanza una nozione di operazione che non si ferma al solo atto di cessione di beni (o di prestazione di servizi) ma comprende anche tutti gli atti che servono a sostanziare il rapporto giuridico espresso dalle parti, e, pertanto, in virtù del principio di alternatività tra i due tributi, di cui all’art. 40 del testo unico, l’imposta di registro troverebbe applicazione all’operazione così definita in ambito iva. Così, ad esempio, l’art. 20 non dovrebbe portare ad escludere l’applicazione dell’imposta fissa di registro, ai sensi dell’art. 40 cit., alla quietanza contenuta in un atto separato e riferita ad una cessione soggetta ad iva”.

Inoltre, prosegue il documento in esame, l’art. 20 non esclude “la rilevanza di un legame funzionale dell’atto presentato alla registrazione con atti e provvedimenti ad esso esterni, laddove essa sia prevista in disposizioni speciali al di fuori del testo unico. Ad esempio, l’art. 19 della Legge n. 74 del 1987 che esenta dall’imposizione gli atti “relativi” al procedimento di separazione o divorzio o l’art. 20 della Legge Bucalossi, il cui ambito agevolativo si estende, a maggior ragione dopo le integrazioni apportate dalla Legge di Bilancio 2018, a tutti gli atti attuativi degli accordi o convenzioni con gli enti pubblici, preordinati alla trasformazione del territorio”.

Inoltre, conclude lo Studio del Notariato, “la formulazione dell’art. 20 non impedisce di determinare la tassazione di un primo atto sulla base di un successivo atto integrativo recante, ad esempio, dichiarazioni fiscali (laddove ammesso), perché evidentemente lo stesso non incide sugli effetti giuridici del primo atto, ma ne integra il contenuto sotto un diverso profilo”.

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1Considerazioni sull’articolo 20 del Testo Unico dell’imposta di registro dopo la legge di bilancio 2018, a cura di LOMONACO

2Per la Suprema Corte - sentenza n. 1405 del 22.1.2013 (ud 12.11.2012) -, “l'art.20 costituisce indubbio indice rivelatore di criteri di qualificazione autonomi rispetto alle ordinarie ipostasi interpretative civilistiche, attesa la preminenza del principio generale antiabuso (SU 30005/08; C. 12042/09) e della regolamentazione reale degli interessi (C. 9162/10, 11769/08) oggettivizzata, come osserva la dottrina, nell'indagine sulle possibili conseguenze giuridiche di atti e negozi ”. Partendo da tale assunto, con l’ordinanza 24594/2015, la Corte Suprema ha statuito che la cessione totalitaria delle quote di una società “ ha la medesima funzione economica della cessione dell'azienda sociale. Entrambi tali contratti tendono infatti a realizzare l'effetto giuridico del (e trovano la loro causa concreta nel) trasferimento dei poteri di godimento e disposizione dell'azienda sociale da un gruppo di soggetti (i partecipanti alla società che cedono le loro quote) ad un altro soggetto, o gruppo di soggetti (l'acquirente, o gli acquirenti, della totalità delle quote sociali). Il contratto di cessione totalitaria delle quote di una società è dunque assimilabile, ai fini dell'imposta di registro, al contratto di cessione dell'azienda sociale, senza che al riguardo sia necessario, al contrario di quanto erroneamente affermato nella sentenza gravata, che l'Agenzia delle entrate fornisca in giudizio la "prova certa dell'intento elusivo”.

3L'originario art. 20, del D.P.R. n. 131/86 – titolato Interpretazione degli atti - , nel disporre l’applicazione dell’imposta secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrispondeva il titolo o la forma apparente, consentiva agli uffici, nell'imposizione del negozio, ad attribuire rilievo preminente alla causa reale ad alla effettiva regolamentazione degli interessi realmente perseguiti dai contraenti, non essendo necessario l'intento elusivo, così che occorreva accertare non cosa la parti avevano scritto, ma cosa le stesse avevano effettivamente realizzato con il regolamento negoziale, fermo restando che il tributo del registro è imposta, se applicata in misura proporzionale, è tassa quando è dovuto in misura fissa.
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