Si avvicina la scadenza per il versamento del saldo Iva 2023 e gli operatori necessitano di comprendere se i soggetti in area da concordato preventivo biennale (soggetti ISA comunque con ricavi/compensi non superiori a € 5.164.000) potranno effettivamente confidare sul differimento a fine luglio, “senza maggiorazioni”, del versamento ordinariamente in scadenza il prossimo 18 marzo.
Questa la richiesta di chiarimento presentata al Viceministro Maurizio Leo da ANC e Confimi Industria a fronte dei dubbi che stanno emergendo fra gli operatori – in piena campagna a chiusura della dichiarazione Iva annuale - considerato il differimento (letteralmente) previsto dall’articolo 37 dello schema di decreto legislativo sul concordato preventivo biennale (AG 105/2023); differimento che, a differenza dei versamenti per redditi e Irap, appare una generosa “stranezza” poco giustificabile per l’Iva (che non è interessata dal concordato), tanto più se si considera l’annunciato slittamento al 15 ottobre dei termini per l’adesione.
Senza nulla togliere alle semplificazioni già ufficializzate con il D.Lgs 1/2024, sono state portate all’attenzione del Viceministro una serie richieste mirate a valutare possibili accorgimenti in grado di eliminare alcuni paradossi e mettere a terra ulteriori semplificazioni avvertibili dalla massa degli operatori, tanto negli studi, quanto nelle aziende.
Le nostre proposte, sottolinea Marco Cuchel, “non intendono osteggiare l’azione dell’Amministrazione finanziaria ma, con spirito costruttivo, mirano ad individuare tempistiche operativamente gestibili in grado di aumentare la compliance complessiva, nell’interesse del sistema Paese”.
E di rendere quantomeno gestibili gli adempimenti fiscali domestici c’è estremo bisogno, fa eco Flavio Lorenzin, Vicepresidente di Confimi Industria con delega alla semplificazione e ai rapporti con la PA che aggiunge “è noto a tutti quale sia stato l’appesantimento del processo con cui il fisco ha continuamente aggiunto adempimenti negli ultimi 15 anni e tutto ciò risulta costantemente aggravato da nuove incombenze di origine unionale – anche estranee alla materia fiscale - che, ancorché formalmente rivolte alle imprese più strutturate, finiscono comunque per trascinare, in quanto fornitori dei grandi, anche i più piccoli” (bilanci ESG, wistleblowing, normativa CBAM, adeguati assetti organizzativi, conferma annuale del titolare effettivo, ecc.).
Le principali proposte.
Introdurre un termine quantomeno trimestrale (anche con maggiorazione dell’1%) per il versamento dell’Iva sugli acquisti in reverse charge di forfetari e minimi e rendere così gestibile l’adempimento.
Incentivare l’invio dei flussi TD17, TD18 e TD19 precisando che eventuali ritardi rappresentano violazioni meramente formali, in mancanza di accessi, ispezioni o verifiche, se effettuati entro il termine utile per garantire la tempestiva acquisizione dei dati da parte dell’Agenzia delle entrate per la gestione delle precompilate Iva (fine mese successivo al trimestre di riferimento) e fermo restando il tempestivo concorso alla liquidazione di riferimento.
Eliminare le sanzioni (€ 250-10.000) in capo al cessionario residente nel caso di trasmissione del TD28 (e abilitare l’uso dell’IdFiscale con codice ISO IT del fornitore) per segnalare l’irrituale addebito dell’Iva da parte del fornitore non residente (diverso da San Marino) identificato o con rappresentante fiscale; diversamente, il cessionario, cosciente del rischio di poter subire paradossali sanzioni per violazioni non proprie, preferirà applicare il reverse charge (come prevede l’articolo 17 comma 2 del dPR 633/2) e comunicare pertanto l’acquisto con il TD19 (l’Agenzia perderà così l’occasione di vedersi confezionare la lista precisa dei non residenti che, nel B2B, fatturano erroneamente con l’addebito dell’Iva).
Soglia (elevata a € 100 con l’art. 9 del D.Lgs 1/2024) che determina lo slittamento con quella del periodo successivo del versamento dell’Iva periodica (e delle ritenute di lavoro autonomo e provvigioni). Opportuno chiarire che si tratta di una facoltà e non di un obbligo, anche per evitare incomprensioni che potrebbero generare paradossali lettere di compliance.
Eliminare (art. 3 DM 55/2022) l’obbligo di conferma annuale dell’invarianza del titolare effettivo (già un paradosso nei termini) o, quantomeno, chiarire che detta conferma può avvenire entro 30 giorni dal termine di approvazione del bilancio a prescindere dal rispetto dei 12 mesi rispetto dalla comunicazione precedente.
ANC Comunicazione
Ufficio stampa Confimi Industria
In allegato le osservazioni e proposte inviate al Viceministro Leo.
Proposte inviate al Viceministro Leo
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