Qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la semplice indicazione della nuova categoria attribuita, se non c’è contestazione sugli elementi di fatto oggetto della denuncia di variazione.…
Il caso
L’Agenzia delle Entrate ha rettificato la rendita catastale, proposta con denuncia DOCFA, relativa all’unità immobiliare della ricorrente, la quale ha quindi proposto tempestiva impugnazione, ma senza successo.
In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli ha, infatti, respinto il ricorso e successivamente tale decisione ha trovato l’avallo della Commissione Tributaria Regionale della Campania. Da qui l’approdo della vicenda in Cassazione, dove finalmente sono state accolte le ragioni della contribuente.
L’errore commesso dalla C.T.R.
La Corte regionale ha ritenuto adeguatamente motivato l’atto di accertamento in questione, vista la presenza di tutti gli elementi, a suo dire, necessari (dati di classamento, di categoria e del calcolo della relativa rendita catastale).
La ricorrente, dal canto suo, ha denunciato l’omesso esame delle specifiche censure da lei rivolte alla motivazione dell’atto impugnato, unitamente alla mancata considerazione, da parte dei giudici d’appello, della circostanza che i fatti posti a base dell’accertamento non erano stati gli stessi indicati nella proposta DOCFA, «per cui la diversa consistenza catastale tra quanto dichiarato e quanto accertato dall’Ufficio imponeva una diversa valutazione». In altri termini, per la ricorrente, la Commissione regionale ha ritenuto adeguatamente motivato l’atto di accertamento «senza motivare le ragioni dello scostamento, coinvolgente (...) anche elementi di fatto e connotati intrinseci dell’appartamento, quali la superficie ed il numero dei vani».
Ebbene, gli Ermellini hanno accolto il ricorso.
Il Collegio di Piazza Cavour ha, in effetti, riscontrato il difetto di motivazione denunciato, essendo, nel caso in esame, pacifica la presentazione di una proposta DOCFA, in conseguenza di diversa distribuzione degli spazi interni dell’immobile, oggetto di rettifica da parte dell’Ufficio, con modifica del numero dei vani rispetto alla rendita proposta.
La giurisprudenza di legittimità, negli anni, ha precisato che, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita solo se gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano stati disattesi dall’Ufficio e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni (cfr. Cass. n. 3104/2021, 31809/2018, 12777/2018, 12497/2016).
È stato quindi precisato – più di recente (Cass., Sez. 5, n. 17624/2024) - che «In tema di catasto, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della dichiarazione presentata dal contribuente con cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento, nel caso di rettifica del numero dei vani catastali dichiarati, non è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, atteso che la determinazione del vano utile, che incide su classe e rendita catastale dell’unità immobiliare, dipende da una pluralità di dati fattuali che a vario titolo concorrono alla sua identificazione in ragione della destinazione funzionale, della connotazione strutturale e della stessa estensione superficiaria del vano, così che della relativa rettifica l’amministrazione deve dare specifico conto».
A tale principio l’ordinanza di ieri ha inteso dare continuità.
Pertanto la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata, che, erroneamente, ha ritenuto l’avviso di accertamento adeguatamente motivato sulla scorta della mera indicazione dei «dati di classamento, di categoria e del calcolo della relativa rendita catastale».
Gli Ermellini, in conclusione, non ritenendo necessari ulteriori accertamenti di fatto da demandare alla Corte di secondo grado, hanno deciso la causa nel merito, con l’accoglimento del ricorso originariamente proposto dalla contribuente.
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