31 marzo 2025

Omessi versamenti previdenziali depenalizzati. Stop alla sanzione oltre 90 giorni

Autore: Paola Mauro
Il termine di novanta giorni a disposizione dell’INPS per applicare la sanzione amministrativa a seguito della depenalizzazione della condotta di omesso versamento delle ritenute previdenziali, decorrente dalla trasmissione degli atti da parte dell’Autorità giudiziaria, è decadenziale. Lo ha…

Il caso

La Corte d’Appello, in riforma della pronuncia di primo grado, ha annullato un’ordinanza-ingiunzione con cui l’INPS aveva irrogato all’opponente le sanzioni amministrative per mancato versamento delle ritenute previdenziali nei mesi di gennaio e febbraio 2010.

La Corte territoriale ha ritenuto maturata la decadenza dalla potestà sanzionatoria, per decorso del termine di cui all’art. 9, comma 4, D.lgs. n. 8/2016, che - nel depenalizzate l’illecito in questione - ha previsto il termine di novanta giorni dalla trasmissione degli atti da parte dell’Autorità giudiziaria per l’esercizio della potestà sanzionatoria da parte dell’Istituto.

Il Giudice di secondo grado ha qualificato detto termine come perentorio in forza del rinvio operato dall’art. 6 del D.lgs. n. 8 cit. alle previsioni di cui alla L. n. 689/1981, il cui art. 14 commina la decadenza dalla potestà sanzionatoria nel caso in cui essa non venga esercitata entro novanta giorni dall’accertamento della violazione.

Ad avviso dell’Istituto previdenziale, invece, gli artt. 8, comma 1, e 9 del D.lgs. n. 8/2016, nel prevedere la depenalizzazione dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali, già qualificato come illecito penale dall’art. 2, comma 1-bis, D.L. n. 463/1983, avrebbero previsto, per le fattispecie verificatesi anteriormente alla sua entrata in vigore, la retroattività della sostituzione della sanzione amministrativa a quella penale e la conseguente restituzione degli atti all’Autorità amministrativa affinché quest’ultima proceda a notificare al responsabile gli estremi della violazione, ma senza in alcun modo comminare la decadenza per il caso in cui l’Amministrazione non vi provveda entro il termine di novanta giorni dalla ricezione degli atti.

Ebbene, Suprema Corte romana ha “sposato” la tesi della Corte merito e, quindi, affermato la portata decadenziale del termine in discorso, nella specie non rispettato dall’INPS.

Dopo aver riepilogato il quadro normativo di riferimento e gli interventi giurisprudenziali in materia, il Supremo Collegio ha affermato che è il principio di legalità di cui all’art. 23 Cost., in combinato disposto con il diritto di difesa di cui all’art. 24 e il principio di imparzialità e buon andamento di cui all’art. 97, a imporre all’interprete di ritenere che il termine previsto all’art. 9, comma 4, D.lgs. n. 8/2016, sia un termine di decadenza; a pensarla diversamente, infatti – hanno proseguito i Massimi giudici -, l’esigenza di contenere nel tempo lo stato di incertezza inevitabilmente connesso alla esplicazione di una speciale prerogativa pubblicistica, qual è quella sanzionatoria, capace di incidere unilateralmente e significativamente sulla situazione giuridica soggettiva dell’incolpato, resterebbe esclusivamente affidata alla previsione del termine di prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni amministrative (art. 28, L. n. 689/1981), che tuttavia, per ampiezza e suscettibilità di interruzione, deve considerarsi «inidoneo a garantire, di per sé solo, la certezza giuridica della posizione dell’incolpato e l’effettività del suo diritto di difesa, che richiedono contiguità temporale tra l’accertamento dell’illecito e l’applicazione della sanzione» (così C. cost. n. 151 del 2021).

Pertanto, posto che la norma di cui all’art. 9, comma 4, del D.lgs. n. 8/2016 deve leggersi alla stregua del precetto di cui all’art. 14, comma 2, L. n. 689/1981, e visto che, per principio generale, l’onere della prova dell’osservanza dei termini previsti a pena di decadenza per l’esercizio di un diritto incombe su chi intende esercitarlo (v., fra le tante, Cass. nn. 3796/1989, 10412/1997, 7093/2003), correttamente, nel caso di specie, i giudici territoriali hanno ritenuto maturata la decadenza in discorso, «essendo incontroverso» – chiosano gli Ermellini – «che l’odierno ricorrente ricevette gli atti dalla Procura della Repubblica di (…) in data 13.6.2016 e provvide alla notifica della violazione soltanto in data 17.4.2017 (…).»
La Suprema Corte, pertanto, ha respinto il ricorso dell’INPS, che non dovrà pagare le spese processuali in ragione della novità e complessità della questione trattata.
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