31 marzo 2025

Società di fatto. La prova spetta al Fisco

Autore: Paola Mauro
La Corte di cassazione recentemente si è pronunciata in materia di accertamento, ai fini fiscali, dell’esistenza di una società di fatto. Al riguardo, con l’ordinanza n. 2123/2025, la Sezione tributaria ha precisato che l’Amministrazione finanziaria è tenuta a dimostrare, anche in via presuntiva,…

Il caso

Il giudizio è nato dall’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate in materia di IRAP, IVA, imposte dirette ed altro per l'anno 2008.

In primo grado, l’atto impositivo è stato confermato dalla Commissione tributaria provinciale di Cagliari, cui ha fatto seguito la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sardegna, che ha rigettato l’appello dei contribuenti, avendo ritenuto sussistente una società di fatto tra loro, proprio come contestato dall’Agenzia delle Entrate.

In proposito, la C.T.R. ha valorizzato gli elementi del fondo comune e dell’“affectio societatis”.

La Suprema Corte romana, infatti, ha rilevato che la sentenza di secondo grado non si è limitata a considerare manifestazioni comportamentali concludenti, in quanto rivelatrici di una struttura sovraindividuale, ma esteso la valutazione puntualmente a elementi interni al rapporto tra le parti (conferimento di beni in denaro per l'acquisto di un’area edificabile, scopo di dividerne gli utili, assunzione del rischio d'impresa), oggettivamente sintomatici del fondo comune e dell’“affectio societatis” (Cass. n. 4385/2023).

Gli Ermellini hanno poi ribattuto alla tesi espressa dai ricorrenti, secondo la quale nel caso di specie si dovrebbe «tutt’al più, riconoscere una società apparente», affermando che l’apparenza è comunque una forma di esteriorizzazione del vincolo sociale, la cui natura non meramente apparente, ma effettiva, è stata oggetto, nella specie, di specifico accertamento da parte del giudice di merito.
Più in generale, la Corte, quanto alla esteriorizzazione del vincolo sociale, ha puntualizzato che, in materia tributaria, i criteri di identificazione della società di fatto sono diversi da quelli che assumono rilevanza nei rapporti contrattuali di diritto privato, giacché in questi ultimi l'esigenza è quella di tutelare l'affidamento senza colpa dei terzi basato sul comportamento dei soci che, perciò, si assumono il rischio relativo; mentre nei rapporti di diritto tributario l'esigenza è quella di verificare l'esistenza dei presupposti per applicare norme impositive, sicché è necessario accertare l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi del vincolo sociale, non essendo sufficiente la mera apparenza di tale vincolo, sia pure accompagnata dal ragionevole convincimento della sua esistenza.

Si è precisato, dunque, che la prova della sussistenza della società di fatto, seppure non possa essere desunta dalla mera esteriorizzazione del vincolo nei confronti dei terzi, può essere però dedotta anche dall'esistenza di indici presuntivi (Cass. n. 12500/2016). «Pertanto, in tema di imposte sui redditi, ai fini dell'individuazione del soggetto effettivo titolare del reddito prodotto da una specifica attività economica, l'esistenza di una società di fatto – caratterizzata dall’ intenzionale esercizio in comune fra i soci di un'attività commerciale, anche occasionale, a scopo di lucro, e dal conferimento a tal fine dei necessari beni e servizi (…) - può ben essere desunta da manifestazioni comportamentali rivelatrici di una struttura sovraindividuale indiscutibilmente consociativa, assunte non per una loro autonoma valenza, ma quali elementi apparenti e rivelatori, sulla base di una prova logica, dei fattori essenziali di un rapporto di società nella gestione dell'azienda» (Cass. n. 1127/2006; Cass. n. 27088/2008; Cass. n. 9604/2017).
  • L’ordinanza n. 2123/2025 ha quindi concluso affermando che «L’accertamento, ai fini fiscali, dell’esistenza di una società di fatto richiede l'effettiva esistenza degli elementi costitutivi del vincolo societario (l'intenzionale esercizio in comune fra i soci di un'attività commerciale, anche occasionale, a scopo di lucro, ed il conferimento a tal fine dei necessari beni e servizi), che l'Amministrazione può provare anche in via presuntiva, rilevando l’apparenza del vincolo sociale nei confronti dei terzi non quale autonomo titolo della responsabilità fiscale dei soci (nascendo l’obbligazione tributaria ex lege solo al concreto verificarsi del presupposto dell’imposizione), ma come uno dei possibili indici rivelatori della reale esistenza di tale società.»
Nel caso di specie, la C.T.R. ha dato atto all’Ufficio di aver assolto l’onere della prova a suo carico e la Suprema Corte ha avallato tale conclusione, rigettando, per l’effetto, il ricorso per cassazione proposto dai contribuenti, con addebito ai medesimi delle spese processuali.
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