28 gennaio 2014

LA BUROCRAZIA CHE UCCIDE SENZA ARMI

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici,
da uomo del sud, posso dire di conoscere la realtà meridionale abbastanza da condividere quanto affermato dal noto imprenditore calabrese, Pippo Callipo! Nelle sue ultime accorate dichiarazioni leggevo infatti delle parole vere, che sottolineavano come dalla mafia ‘con le pistole’ a difenderci interviene lo Stato con le forze dell’ordine, mentre dalla mafia ‘con le penne’, la tanto ingarbugliata cattiva burocrazia, non ci difende nessuno.

Tali parole rappresentano la più genuina sintesi di quanto abbiamo scritto ormai da mesi e non ci stancheremo mai di mettere in evidenza, perché la burocrazia soffoca tanto quanto le minacce e le vessazioni della criminalità organizzata. E in Italia queste ‘morti’ per mano burocratiche, tra imprese e imprenditori, sono troppe! Carte, adempimenti e scartoffie varie, gestite da incompetenti, hanno messo in ginocchio il Paese e l’intero mondo imprenditoriale. I titolari d’azienda devono sprecare le rispettive energie per compilare moduli e cercare di capire nuovi quanto inutili adempimenti, lasciando da parte la propria impresa, rimandando le strategie di miglioramento e mettendo a tacere estri creativi che richiederebbero ulteriori esborsi di denaro. Non mi stupisco infatti se molti imprenditori del Belpaese abbiano raccolto i ferri del mestiere e si siano trasferiti altrove, dove la burocrazia è meno oppressiva e di aria per respirare e vivere ce n’è in abbondanza!

Quanto sto per raccontarvi è accaduto recentemente nella mia regione, la Calabria, dove non vi sono molte realtà imprenditoriali forti come in Lombardia, Veneto o Emilia, e quelle che ci sono e che resistono vengono ‘braccate’ dalla burocrazia. Infatti, se dalla mafia possiamo essere difesi da uno Stato presente che mostra muscoli e intelligenza, purtroppo dalla burocrazia che quello stesso Stato non è invece altrettanto in grado di gestire nessuno può difenderci. Proprio in questo scenario va ad inserirsi la vicenda che ha coinvolto Pippo Callipo, che ha fatto del suo impegno nell’imprenditoria uno stile di vita e un modello per molte altre aziende del Meridione, in generale, e della Calabria, in particolare. Una vicenda dai contorni amari, al punto da spingere l’imprenditore a chiedersi quanto poc’anzi riportato: «Dalla mafia con la pistola ti difendono le forze dell’ordine e dalla mafia con la penna, la mala burocrazia, chi ti difende?». Ma cos’è accaduto a questo imprenditore al punto da renderlo così scettico nei confronti dell’apparato burocratico? Ebbene, lo scorso mese di dicembre la Capitaneria di porto di Bari aveva adottato un provvedimento di sequestro per più di 530 tonnellate di pesce, delle quali ben 480 tonnellate di tonno erano riferibili a Callipo e necessarie per la propria azienda che vive sostanzialmente di questo. L’imprenditore vibonese ha prontamente presentato un ricorso per il dissequestro che è stato accolto e i funzionari marittimi hanno attuato proprio in questi giorni.

Quali sono state le conseguenze di una simile vicenda? Dunque, Callipo, non potendo entrare in possesso di buona parte della materia prima necessaria affinché l’attività produttiva non si arrestasse, si è trovato costretto a fermare la produzione e chiedere la cassa integrazione per ben 150 dipendenti. A nulla è valso purtroppo il dissequestro della merce. Ora, in un territorio come quello calabrese, un’impresa che funziona è una vera risorsa. Tarpare le ali a una simile realtà è un gesto indegno, soprattutto se giustificato solo da sterili cavilli burocratici. «Io resto e lotterò, in tutti i modi e con ogni mezzo, con chi ha voglia di far cambiare questo sistema», ha comunque affermato l’imprenditore calabrese e questo gli fa onore, perché in una terra come questa a quanto pare non solo ci si deve difendere dalla mafia, ma bisogna altresì guardarsi le spalle da errori d’ufficio. Il sequestro era stato infatti generato da un evidente quanto grossolano errore inerente presunti problemi di etichettatura del pesce congelato.

È chiaro che siamo davvero nelle mani della burocrazia, che può permettersi di sbagliare e mettere a repentaglio un sistema economico già di per sé debole, senza poi porvi rimedio.

Non oso immaginare cosa sarebbe potuto accadere se un errore di analoga entità fosse stato commesso, ad esempio, da un contribuente nei confronti del fisco! Sarebbe partita la raffica di cartelle con annessi risvolti penali. Invece ora che l’errore è attribuibile allo Stato e al suo apparato burocratico, tutto tace. Come spiegarlo alle famiglie di quei 150 dipendenti messi in cassa integrazione?

“Per non soffrire delusioni nei riguardi della natura umana, dobbiamo cominciare col rinunziare alle nostre illusioni rispetto ad essa”, queste parole dello psicologo americano Abraham Maslow mi sembrano pienamente adatte alla situazione attuale. Ritengo infatti che per non continuare a essere delusi da questo Stato che ci schiaccia, dobbiamo nostro malgrado imparare a non avere grosse aspettative.
Ecco, se questa è la democrazia, ho davvero scarsa fiducia nel futuro…
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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