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QUEL CHE RESTA DI UN PRESIDENTE

A cura di Antonio Gigliotti

La giornata di ieri è stata caratterizzata da due eventi importanti che ci hanno indubbiamente toccati sia come uomini che come professionisti. Si tratta di due modi diametralmente opposti di intendere la vita e le responsabilità, che riservano in chi li ha osservati due differenti insegnamenti: uno, permeato di credibilità, coerenza e rispetto; l’altro, intriso di arrivismo, ambizione e opportunismo.

Il primo evento che ha infuocato ieri web e tv, mentre oggi ha invaso le prime pagine dei quotidiani, riguarda le annunciate dimissioni del Santo Padre, che saranno effettive a partire dal 28 febbraio prossimo alle ore 20. “Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando - ha sottolineato il Papa - Tuttavia, nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di San Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore sia del corpo, sia dell'animo, vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”. Da quello che se ne può desumere, vien fuori un forte senso di sofferenza, ma anche l’accettazione di alcuni limiti che non permettono di portare avanti quella che può esser definita alla stregua di una ‘missione’ da compiere. Innanzi a quanto avvenuto, che ha generato sorpresa non solo fuori dai confini vaticani, non si può far altro che apprezzare l’onestà del Pontefice e ritenere che la scelta sia stata compiuta sulla base di una ponderata riflessione.

Ora, lungi dal voler equiparare termini e situazioni, non posso esimermi dall’azzardare un parallelismo con quello che sta avvenendo nella nostra onorata categoria. Il Consiglio nazionale si preparava al secondo appuntamento nazionale, indetto dal Ministero della Giustizia alla luce dei vergognosi esiti delle prime consultazioni di ottobre, quando si è dato nuovamente inizio alla sfilata dei ricorsi. Così alle congrue e opportune motivazioni ministeriali esposte dal Tar del Lazio in due specifiche ordinanze, chi non riesce a rinunciare alla poltrona e al potere ha risposto pretendendo un annullamento delle stesse. Si è trattato di un’indegna caparbietà che ha messo in serio pericolo le operazioni elettorali del 20 febbraio, ponendoci innanzi all’effettiva possibilità di un ulteriore posticipo. È evidente che si sta delineando una concreta volontà di far arenare l’intera categoria, impedendole di crescere e andare avanti. L’obiettivo è sicuramente quello di incastrarla, perdendo ancora del tempo che invece avrebbe potuto essere utilizzato per lavorare tutti insieme proponendo e attuando strade possibili al rilancio del ruolo dei commercialisti. Ma non sarà che a qualcuno interessi più il proprio ruolo di comando rispetto a quello di ciascun singolo collega? Perché non pare esservi una reale motivazione legata al bene della categoria dietro queste scellerate decisioni di appellarsi al Tar un giorno sì e l’altro pure! Il punto è che non si sono accorti della nostra stanchezza e del fatto che tutti loro sono ormai fuori tempo massimo. In sostanza, quello che avrebbero dovuto realmente fare per il bene della ‘base’ non l’hanno fatto e che è giunta l’ora di mettersi da parte.

Quale miglior insegnamento trarre dalla scelta del Pontefice, seppur difficile, di rinunciare a un incarico divenuto ormai troppo pesante per le proprie condizioni? Se proviamo a usare questo clamoroso evento alla stregua di una metafora per quel che sta accadendo a noi commercialisti, vediamo che il corpo malato di quanti si oppongono alla crescita dovrebbe indurli a rinunciare piuttosto che a procedere verso la totale rovina della categoria. A chi giova, infatti, dover rimandare ancora una volta queste elezioni? Il collega che non è stato finora giustamente tutelato vedrà forse di buon grado tutte queste grandi manovre per conservare il potere? Ebbene, io credo proprio di no. Nessuno di noi avrà alcun beneficio. Anche se qualcuno spera di ottenere prestigio, potere e stima. Peccato però che quando queste tre cose le aveva davvero non abbia saputo in che modo usarle!

Il punto è che ieri, a firma del nostro ex presidente, Claudio Siciliotti, e di un gruppo di suoi ‘fedelissimi’, attuali componenti della lista Mianii/Marcello, è stato presentato ricorso al Consiglio di Stato al fine di annullare l’Ordinanza n. 736/2013 depositata dal TAR del Lazio lo scorso 8 febbraio. Il risultato di questo esemplare comportamento è che il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere le elezioni fino al 12 marzo 2013, giorno in cui ci sarà la discussione della istanza cautelare in camera di consiglio.

A questo punto non ci resta che attendere, con l’amaro in bocca, quel che decideranno i giudici. Sperando che non sia un nuovo posticipo, perché siamo stanchi di attendere ancora. Abbiamo visto cosa significa non avere rappresentanza! Una simile situazione implica che nessuno, dalle sedi istituzionali, ci dà ascolto. E vuol dire anche non sapere a chi rivolgersi per ottenere chiarimenti, non avere forza, né unità, essere nel totale sbaraglio. Abbiamo toccato con mano l’angoscia di vedere le altre categorie professionali crescere… Persino le non regolamentate hanno ottenuto ascolto e soddisfazioni. Tutti hanno fatto passi avanti, mentre noi dottori commercialisti ed esperti contabili ci siamo ritagliati il poco gratificante ruolo di “impiegati esterni” del Fisco, vessati da adempimenti innumerevoli, da scadenze a ridosso le une con le altre e da clienti che temono di essere traditi proprio da noi che dovremmo invece consigliarli e tutelarli. Tale è la realtà che il vecchio Consiglio nazionale ci ha lasciato e che alcuni suo membri stanno tentando di difendere con i denti e con le unghie… ossia con ‘armi’ che non hanno mai osato tirar fuori quando invece si trattava di difendere gli interessi di tutti.

Questo è tutto, per il momento. Ora non ci resta che attendere ciò che, ancora una volta, gli altri decideranno per noi.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata

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