18 luglio 2013

TANTI PERICOLI, ZERO OPPORTUNITÀ

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi,
oggi vorrei soffermarmi su un tema che racchiude in realtà tutti quelli finora affrontati: si tratta della pericolosità insita in questo repentino aumento dell’imposizione fiscale. È un fenomeno che sta opprimendo i contribuenti, siano essi singoli cittadini o imprese, portando sul lastrico un Paese che è sempre più vicino al fallimento, anche se in pochi hanno il coraggio di dirlo in maniera chiara.

La pressione fiscale dev’essere allentata oppure il Belpaese potrebbe incontrare danni ben più seri di quelli, già drammatici, che si trova a dover affrontare nell’immediato. Diminuire le tasse è l’unica via che potrebbe consentire di pensare a una ripresa. A tal proposito, si tenga in considerazione quanto emerso dal grafico elaborato dall’economista statunitense Arthur Laffer, che al principio degli anni ottanta chiedeva un ridimensionamento dell’imposizione del proprio Paese. Avvalendosi di un piano cartesiano, lo scienziato aveva tracciato una curva che metteva in relazione l'aliquota di imposta con le entrate fiscali; le prime poste sull’asse delle ascisse e le seconde su quello delle ordinate. Attraverso un simile grafico, l’economista riuscì a dimostrare l’ipotesi secondo cui esiste una soglia massima di prelievo fiscale, oltrepassata la quale non v’è più alcuna convenienza nelle entrate fiscali, tant’è che si assiste all’azzeramento del relativo gettito.

A cosa è dovuta la contrazione delle entrate fiscali, qualora si superasse la soglia della massima imposizione? Ebbene, i fattori sono tre e, a dire il vero, li ritroviamo già nel nostro tessuto economico. Essendo pressati da richieste erariali troppo alte, i contribuenti saranno più soggetti a fenomeni di elusione, evasione e sottrazione dei redditi dal controllo fiscale.

È vero che molte sono state le critiche a una simile teoria, ma è altrettanto vero che la realtà dei fatti mostra una sostanziale attendibilità della stessa. Non è forse stato accertato che, con l’aumento dell’aliquota ordinaria Iva, si potrebbero prospettare dei consistenti cali nel settore dei consumi? Non ci sono dei dati che testimoniano la riduzione del carrello della spesa, con conseguenze al ribasso su qualità e quantità dei prodotti acquistati? E non sono questi dei fenomeni legati alla debolezzaeconomica delle famiglie, schiacciate da costanti pretese fiscali?

Prendiamo, ad esempio, il settore automobilistico, dove tra il 2011 e il 2012 si è verificato un calo delle immatricolazioni. A tal proposito, ha fornito elementi interessanti una ricerca condotta dal Centro studi Promotor, che sottolinea come nel biennio 2011-2012 la spesa automobilistica si sia ridotta del 6,37%, vale a dire che è diminuita passando da 198,1 miliardi di euro a 185,4.

E le cose non faranno altro che peggiorare!! Soprattutto se si considera l’ambito aziendale. Come abbiamo visto, la principale causa di fallimenti delle imprese italiane è da riscontrare nelle pretese fiscali dello Stato. Ora, in questa già gremita rosa di difficoltà, va ad aggiungersi l’imposizione sulle auto aziendali. Si badi, però!! Non sono state introdotte nuove tasse, né si sono aumentate quelle già in vigore. Lo stato ha semplicemente (!) optato per la riduzione della deducibilità dei costi auto e veicoli aziendali. La deducibilità, in questo caso, è stata fortemente minata a partire dalla riforma Fornero del 2012, giungendo poi a completarsi con la legge di Stabilità del 2013. Originariamente gli imprenditori potevano avvalersi della piena deducibilità qualora avessero dovuto acquistare un’auto aziendale. Ora, con i due citati interventi, i mezzi di locomozione in uso presso le aziende o da parte dei professionisti potranno avvalersi di una deducibilità profondamente limitata, pari al 20%. Si è trattato di una forte contrazione che implicherà un ridimensionamento della spesa. Non potendo dedurre i costi di acquisto, gli imprenditori e i professionisti eviteranno di acquistare nuove auto. Caleranno i consumi di un indotto che già da tre anni sta facendo i costi con la crisi!! È in questo modo che si vuole far crescere l’economia di un Paese?

Per concludere, ripeto ancora una volta che siamo davvero esausti. I contribuenti, imprenditori e famiglie, sono stremati. Tutte queste tasse non ci faranno stare meglio né tantomeno riempiranno le casse statali, perché aumenterà l’evasione e tutti i fenomeni illeciti a essa connessi. È questo lo scenario che desideriamo per l’Italia?

Proprio in riferimento alla crisi, il presidente degli Stati Uniti J. F. Kennedy una volta ha affermato che “la parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l'altro rappresenta l'opportunità”. Per il momento la penisola ha conosciuto solo il pericolo. Sarebbe ora che si iniziasse a lavorare per creare le opportunità.
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