Alla luce del Codice della Crisi di impresa assoluta preminenza assume la verifica della continuità aziendale anche, eventualmente, in funzione del concordato in continuità. Nel concreto manifestarsi del sistema di monitoraggio del rischio di default, la continuità aziendale è l’obiettivo e vero fulcro di tutto il sistema che la governance deve obbligatoriamente implementare e che l’organo di controllo ha il dovere di verificare.
Inutile dibattere sulla presunta preminenza di questo indice o quell’altro, dal momento che la prassi aziendale con i suoi modelli di analisi preventivi e predittivi presenta una serie di strumenti tutti concorrenti per verificare lo stato di salute dell’impresa, spettando poi al sistema di risk management realizzato integrare tali strumenti ai fini del monitoraggio preventivo.
L’art. 13
Dlgs 14/2019, fa riferimento, non a caso, a concetti chiave generali come sostenibilità del debito, continuità aziendale e congruità dei flussi di cassa, dettando solo successivamente indicazioni per l’identificazione di indici adeguati alle rilevazioni di anomalie. Ciò perché il tema della continuità è legato indissolubilmente a quello della sostenibilità dell’impresa, conseguendone la necessità di evitare debiti che hanno oltretutto un forte impatto sociale quali quelli verso il personale, i fornitori ed i creditori pubblici qualificati. Ed è proprio con le finalità di evitare forti impatti sociali di eventuali default aziendali che l’obbligo di “utilizzare tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento” determina la necessità di rivolgersi anche ai cosiddetti KPI (Key Performance Indicators), imprescindibili per dare significato qualitativo agli indici quantitativi di cui all’art. 13, affinché questi non siano solo una sommatoria di dati che vanno ad aggiungersi alla quantità di dati di cui la prassi aziendalistica già dispone.
Ogni indice, in sostanza, potrà essere utile a comprendere un determinato aspetto dell’ambiente-azienda integrando una pagella con voti di riferimento sulle singole componenti che dovranno determinare il responso globale sul going concern. Si tratta, dunque, di realizzare all’interno dell’impresa una vera e propria centrale finanziaria di analisi del rischio in cui ai riscontri di natura quantitativa dovrebbe affiancarsi un riscontro di aspetto qualitativo/quantitativo, dove nessun indice da solo possa ritenersi rappresentativo della salute aziendale, ma tutti, unitamente, concorrano a rappresentare la situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa.
Un’impresa che avesse, ad esempio, un fardello pesante di oneri finanziari potrebbe essere in grado di sostenerli grazie ad un’alta marginalità economica, rispetto ad altre che pur sostenendo oneri finanziari più ridotti non riescono ad ottenere quel margine di contribuzione adeguato. E non è detto neppure che un determinato EBITDA produca un sufficiente flusso di cassa se la politica di gestione del circolante netto risulta inadeguata. La stessa Balanced Scorecard, pur nella sua capacità di fornire indicazioni predittive, nelle piccolissime imprese può presentare criticità di costruzione derivanti dalla autoreferenzialità e assoluta centralità dell’imprenditore; così come anche la rappresentazione della Centrale Rischi, rilevando in modo statico una situazione già determinatasi, non riesce a dare indicazioni sulla capacità di recupero dell’impresa.
Non dimentichiamo, inoltre, che tutti i dati derivanti dagli indici di valutazione soggiacciono nella loro capacità rappresentativa alla funzionalità di un assetto che potrebbe non essere adeguato alle dette finalità con gravi ripercussioni sull’attività di monitoraggio. In tale contesto, dunque, per l’organo di controllo, chiamato a motivare la propria segnalazione e/o decidere sulle eventuali osservazioni della governance così come sulle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati, oltre che fare riferimento agli indici di verifica, sembra necessario ricorrere allo scambio continuo di informazioni con il revisore tradizionalmente coinvolto nel monitoraggio della continuità aziendale.
Il revisore, con il ricorso agli indicatori gestionali, finanziari e gli altri indicatori dettati dalla procedura Isa 570, ivi compresi assolutamente quelli concernenti i fattori attenuanti il rischio di continuità aziendale, guidato nella propria attività dal principio della prudenza e dello scetticismo nella ricerca di elementi probatori sufficienti ed adeguati, può essere determinante nel qualificare globalmente la capacità dell’azienda di continuare ad esistere quale complesso economico funzionante ed a supportare la decisione dell’organo di controllo sulla segnalazione o l’accettazione di quanto motivato in contraddittorio dalla governance aziendale.