Tra le diverse responsabilità che gravano sull’organo amministrativo, di rilevante importanza vi sono quelle relative alla conservazione ed all’integrità del patrimonio sociale. L’inosservanza di tale obbligo, in alcune circostanze può essere oggetto di specifica azione nei confronti dell’organo inadempiente. Tale azione può essere esperita nei confronti degli amministratori e sindaci di una società, da parte degli incaricati alla gestione della liquidazione giudiziale della società. Una società incorre nella procedura di liquidazione giudiziale quando non è più nella condizione di poter far fronte ai propri debiti. In tale circostanza, a seguito della verifica dell’impossibilità di poter attuare forme alternative di salvataggio con conseguente ritorno in bonis, la società verrà dichiarata in liquidazione giudiziale con contestuale nomina del curatore fallimentare.
Le norme del Codice della crisi - Il
D.Lgs 14/2019 ha introdotto nuove norme di raccordo tra la vecchia e la nuova disciplina. Di rilevante importanza è l’introduzione, all’articolo 2476 del C.c., del comma 5 bis. Esso prevede una responsabilità da parte degli amministratori verso i creditori sociali per l’inosservanza dell’obbligo di conservazione e l’integrità del patrimonio sociale. Il comma in commento prevede che:
- l’azione di responsabilità possa essere promossa dai creditori sociali qualora il patrimonio sociale risultasse insufficiente per il soddisfacimento del credito vantato;
- la rinuncia all’azione di responsabilità da parte della società non impedisce che la stessa possa essere promossa da parte dei creditori sociali;
- la transazione potrà essere impugnata dai creditori sociali solamente con l’azione revocatoria, ricorrendone i presupposti di legge.
Appare chiaro come questa disposizione metta in risalto che la possibilità, da parte dei terzi, di far valere le richieste risarcitorie nei confronti degli organi societari siano, nella maggior parte dei casi, mosse proprio dai curatori, una volta che la società sia divenuta insolvente e sia stata dichiarata in liquidazione giudiziale. Senza tralasciare che, il più delle volte, l’impossibilità di poter incardinare un giudizio è da attribuire alla circostanza che le maggioranze assembleari necessarie coincidono con quelle del gruppo di controllo, di cui gli amministratori sono l’espressione. In altre circostanze, l’impossibilità da parte dei creditori sociali di reperire notizie utili allo scopo, rende vana ogni possibilità di intraprendere azioni nei confronti della società.
L’azione di responsabilità - Con l’intervento di modifica ad opera dell’articolo 378 del CCI, è stato inserito, all’articolo 2486 del c.c. il nuovo comma 3. Le azioni di responsabilità nei confronti degli organi sia amministrativi che di controllo presenti in qualsiasi tipo di società, sono azioni risarcitorie che hanno lo scopo di ottenere una somma di denaro a titolo di
risarcimento del danno patito. Per poter conseguire tale ristoro è necessario che esista un danno la cui prova va fornita dalla parte attorea. In assenza del danno non è possibile porre in essere alcuna azione risarcitoria. Inoltre, il comma 3 dell’articolo 2486 prevede la necessità di accertare la responsabilità degli amministratori. Tale opzione, tuttavia, non risulta sempre agevole, dovendo provare l’esistenza di conseguenze patrimoniali sfavorevoli per la società, causate da condotte dell’organo amministrativo. Qualora ciò sia provato, la richiesta di risarcimento del danno potrà essere rivolta anche nei confronti degli organi di vigilanza e dei direttori generali della società dichiarata insolvente.
Il risarcimento del danno - A seguito della comprovata responsabilità dell’organo ammnistrativo per non aver tenuto un comportamento conforme a quello imposto dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto sociale, la parte che ne abbia interesse procede alla richiesta del risarcimento del danno. L’individuazione del danno risarcibile ed il relativo criterio di misurazione assume un ruolo centrale nelle azioni di responsabilità verso gli organi sociali. Tale elemento determinante, oggetto di molteplici variazioni sia giurisprudenziali che dottrinarie, ha raggiunto il suo epilogo con l’introduzione dell’articolo 378 del CCI. Con tale norma viene introdotto un criterio di misurazione del danno risarcibile, da parte dell’organo amministrativo, nel solo caso in cui, una volta registrata una causa di scioglimento da qualunque evento determinata, ponga in essere comportamenti contrari alla conservazione ed all’integrità del patrimonio sociale. In tale circostanza, la quantificazione del danno risarcibile
«(…) salva la prova di un diverso valore, si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484 del C.c., detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione (...)». Tale criterio trova applicazione in qualsiasi situazione di azione di responsabilità nei confronti dei soggetti responsabili, indipendentemente dall’apertura di una procedura concorsuale.
La mancanza delle scritture contabili – Se, a seguito dell’apertura di una procedura concorsuale, la curatela non abbia avuto in consegna le scritture contabili, oppure, pur avendole ricevute, venga riscontrata la presenza di gravi irregolarità che le rendono inattendibili e, dunque, non idonee alla determinazione dei valori netti patrimoniali, il danno oggetto di risarcimento da parte degli organi responsabili sarà liquidato in misura pari alla differenza tra l’attivo ed il passivo accertati nella procedura (o deficit patrimoniale).
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