Il calendario del 2025 è decisamente amico dei lavoratori, con un bel po' di ponti in arrivo. Archiviato il recente 25 aprile, ora si pensa al ponte del 1° maggio: un giovedì perfetto per un weekend lungo.
Quest’anno si lavorerà 251 giorni, due in meno rispetto al 2024. Se da una parte è una buona notizia per migliaia di lavoratori italiani, dall’altro l’impatto sul Pil è tutt’altro che positivo. Ebbene sì, qualche giorno di vacanza in più, ci costerà una riduzione del Pil di ben 12 miliardi.
Ponti e festività: gli impatti sul Pil
Qualche giorno di vacanza in più si traduce in una perdita in termini di Pil, in un anno in cui le stime prevedono una crescita dimezzata. Per rendere l’idea, si tratta dello stesso impatto che l’economia italiana subirebbe nel caso dell’entrata in vigore dei dazi americani.
Quasi un paradosso se consideriamo che a livello europeo, secondo i dati OCSE, i lavoratori italiani sono quelli che passano più ore sul posto di lavoro. Volendo dare dei numeri precisi; in pole position la Grecia con 1.897 ore, seguita da Polonia (1.803), Repubblica Ceca (1.766) ed Estonia (1.742); al quarto posto l’Italia con 1.734 ore. Attenzione però, l’Italia è un Paese che lavora molto, ma ahimè, il tasso di occupazione è tra i più bassi a livello europeo.
Una settimana lavorativa extra per aumentare il Pil
Tra l’inizio delle festività pasquali e i vari ponti, l’attività lavorativa prosegue a rilento in fabbriche, magazzini e uffici che in questo periodo sono semivuoti. D’altro canto, a beneficiare di queste lunghe pause è sicuramente il settore turistico, con alberghi e ristorazione che stanno lavorando a pieno regime. L’impatto di queste lunghe vacanze sull’economia italiana è significativo e rappresenta un problema reale; questo non significa mettere in discussione il diritto al riposo dei lavoratori ma è evidente che la problematica sussiste.
Tuttavia, non si tratta di uno scenario recente ma questo tipo di problematica esiste dal 1977, e diversi governi, nel tempo, hanno deciso di far fronte al problema cancellando alcune feste religiose come per esempio l’Epifania, San Giuseppe, San Francesco. Per ultimo, l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi nel 2004 e poi nel 2011, ma anche quello di Mario Monti, cercarono di trovare una soluzione ma con scarsi risultati.
In pratica, secondo le stime della CIGA, se tra festività e giorni pre-festivi si riuscisse a recuperare una settimana di lavoro all’anno, si guadagnerebbe un punto di Pil pari a 22 miliardi di euro.
A questo punto la domanda sorge spontanea: fino a che punto è giusto sacrificare il diritto al riposo dei lavoratori per salvaguardare l’economia italiana?
Stipendi italiani tra i più bassi d’Europa: le cause
In un mondo in continua evoluzione e progressione, l’Italia sotto alcuni punti di vista sembra andare in controtendenza: è il caso dei salari che sono tra i più bassi d’Europa. Ma da cosa dipende? Tra le cause, rientrano sicuramente una crescita economia lenta e un basso livello di produttività del lavoro che dal 1990 ha interessato l’Italia; soprattutto nel settore dei servizi. Inoltre, l’Italia a differenza dei competitor europei, negli ultimi trentacinque anni, ha dovuto fare i conti con la scomparsa delle grandi imprese dovuta all’incapacità dei grandi player di stare al passo con i cambiamenti politici economici che hanno interessato il mondo; tra questi per esempio la caduta del muro di Berlino e l’avvento della globalizzazione. Si pensi che agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, il nostro Paese era tra i leader europei nei settori della chimica, della meccanica, dell’auto dell’informatica con delle realtà come Alfa Romeo, Fiat, Montecatini, Olivetti.
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