Non di rado capita, che l’imprenditore induca con metodi più o meno leciti i propri dipendenti (o una parte degli stessi) ad “accettare” una riduzione del salario effettivo, a fronte della predisposizione di buste paga ineccepibili sotto il profilo contrattuale.
Tale modus operandi ha sostanziali effetti anche in sede di certificazione dei compensi e di trasmissione telematica delle certificazioni uniche quando, il dipendente, da un lato, si trova nel dubbio su che cosa debba indicare nella propria dichiarazione personale dei redditi e dall’altro, risulta comunque inciso da una ritenuta alla fonte a titolo d’acconto (certificata dal datore di lavoro) in misura superiore a quella rapportata al reddito effettivamente percepito nel periodo d’imposta. Sulla questione si registra un recente arresto della Suprema Corte, in sede penale, la quale ha fornito interessanti spunti di riflessione.
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Cass. Pen. e autoriciclaggio (394 kB)
Cass. Pen. e autoriciclaggio - Fiscal Approfondimento n. 43 - 2018
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