9 novembre 2015

Calciatori rinunciano allo stipendio? Ai contributi non si scappa

I contributi previdenziale ed assistenziali si versano anche se i calciatori o tecnici rinunciano allo stipendio

Autore: redazione fiscal focus

Capita spesso che calciatori o tecnici rinunciano a stipendi già maturati e non ancora corrisposti al fine di svincolarsi e accasarsi con altri club più prestigiosi e redditizi. Ma in tale pratica sorge un problema di non poco conto che è quello dei versamenti contributivi da parte delle società: vanno corrisposti anche se il calciatore o tecnico ha cambiato squadra?


A fornire una risposta precisa e senza margini di interpretazione è direttamente intervenuto il Ministero del Lavoro il quale, con l’Interpello n. 26/2015, ha precisato che l’obbligo dei versamenti contributivi sussiste indipendentemente dalla circostanza che siano stati in tutto o in parte soddisfatti gli obblighi retributivi nei confronti del lavoratore, ovvero che quest’ultimo abbia rinunciato ai suoi diritti, in quanto l’Istituto, titolare del diritto di credito contributivo, non può in alcun modo essere pregiudicato da atti dispositivi di terzi, quali nella specie i lavoratori.


Non si scappa quindi agli obblighi imposti dall’ex Enpals: i contributi si versano anche se i calciatori o tecnici rinunciano allo stipendio. E c’è di più. Le società sportive sono tenute a versare, altresì, un ulteriore contributo al Fondo di accantonamento dell’indennità di fine carriera, calcolato sullo stipendio annuo lordo del calciatore.


I quesiti - L’Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro (Ancl) ha avanzato istanza di interpello per avere maggiori delucidazioni in merito alla pratica ormai diffusa, in ambito sportivo, di calciatori e tecnici che rinunciano a stipendi già maturati e non ancora corrisposti per svincolarsi in tempi rapidi dalla società e trovare ingaggio altrove. Sul punto, è stato chiesto di sapere se l’atto di rinuncia, stipulato in sede sindacale, possa estendersi anche ai contributi previdenziali e assistenziali che risultano dovuti sulla base della retribuzione maturata e non ancora corrisposta. In caso negativo, ossia qualora i contributi sono dovuti anche in caso di rinuncia dello stipendio, qual è la base imponibile sulla quale calcolare tale importo? Le mensilità di stipendio che il lavoratore avrebbe diritto di percepire per contratto oppure sui minimali di legge? Infine, quali sono le modalità di compilazione del Libro Unico del Lavoro (LUL) tenuto conto che il lavoratore non percepisce le retribuzioni maturate per una o più mensilità?


Società-sportivi professionisti – Prima di rispondere al quesito posto, il Ministero del Lavoro richiama la L. n. 91/1981, recante norme in materia di rapporti di lavoro tra società e sportivi professionisti, ricomprendendo in tale categoria le figure degli atleti, allenatori, direttori tecnico-sportivi e preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI (art. 2). A tal proposito, è stato evidenziato che i rapporti di lavoro disciplinati dalle disposizioni della citata Legge sono esclusivamente quelli appartenenti alla tipologia del lavoro subordinato, forma contrattuale tipica per l’assunzione dell’atleta professionista, in quanto nei confronti di quest’ultimo il contratto di lavoro autonomo risulta configurabile solo laddove ricorrano specifici presupposti, quali ad esempio l’assenza di vincolo contrattuale circa la frequenza a sedute di preparazione e allenamento, prestazioni non superiori alle 8 ore settimanali, rese nell’ambito di 5 giorni ogni mese o 30 giorni ogni anno (art. 3).


Trattamento retributivo – Con particolare riferimento al trattamento retributivo, il ministero del Welfare tiene a sottolineare che lo stesso viene concordato in sede di stipulazione del contratto di ingaggio per ogni singolo anno di durata e corrisposto dalla società allo sportivo in 12 rate mensili. Nello specifico, la retribuzione annua lorda assorbe ogni altro emolumento ovvero le spettanze per straordinari, trasferte, gare notturne; non può essere inferiore, inoltre, al c.d. “minimo federale”, determinato per ogni singola serie professionistica con separato accordo collettivo tra le parti, ovvero tra ciascuna delle Leghe professionistiche e l’Associazione Italiana Calciatori.


Obblighi contributivi - Per quanto riguarda, invece, l’assolvimento degli obblighi contributivi il ministero del Lavoro evidenzia che, oltre a quelli concernenti l’assicurazione contro invalidità, vecchiaia e superstiti nonché a quella per le malattie, ai sensi dell’art. 4 della Legge in trattazione, le società sportive sono tenute a versare un ulteriore contributo al Fondo di accantonamento dell’indennità di fine carriera, calcolato sullo stipendio annuo lordo del calciatore.


Orientamento giurisprudenziale – Per cercare di dare una risposta al quesito sollevato, il Ministero del Lavoro ha richiamato il principio espresso dal consolidato orientamento giurisprudenziale, in virtù del quale il lavoratore non può disporre dei profili contributivi che l’ordinamento collega al rapporto di lavoro, tenuto conto che l’obbligazione previdenziale insorge esclusivamente tra datore di lavoro, soggetto obbligato, ed Istituto, titolare della posizione attiva creditoria; il lavoratore, dunque, rispetto all’obbligazione in esame risulta “terzo” ed esclusivamente beneficiario della prestazione (Cass., sent. n. 9180/2014).


Alla luce di ciò, l’obbligo contributivo del datore di lavoro sussiste indipendentemente dalla circostanza che siano stati in tutto o in parte soddisfatti gli obblighi retributivi nei confronti del lavoratore, ovvero che quest’ultimo abbia rinunciato ai suoi diritti, in quanto l’Istituto, titolare del diritto di credito contributivo, non può in alcun modo essere pregiudicato da atti dispositivi di terzi, quali nella specie i lavoratori. Si ricorda, peraltro, che l’art. 2115, comma 3, c.c. dispone la nullità dei patti diretti ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all’assistenza, sancendo in tal modo la regola della non negoziabilità dei diritti previdenziali, neanche qualora prescritti (Cass., sent. n. 10573/1997, n. 3122/2003, n. 17670/2007).


Inoltre, ai fini del calcolo dei contributi da versare, ai sensi dell’art. 12 della L n. 153/1969 bisogna tenere conto ditutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro”. Tale disposizione va interpretata alla luce del principio in forza del quale alla base del calcolo dei contributi deve essere posta la retribuzione dovuta per legge o per contratto collettivo o individuale, e ciò dunque anche in presenza di rinuncia del lavoratore alle spettanze retributive già maturate e non corrisposte (cfr. art. 6 del D.Lgs. n. 314/1997). Pertanto, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo.


Risposta MLPS – Sulla base di quanto su affermato, è possibile dedurre che nell’ipotesi in cui calciatori e tecnici professionisti rinuncino a stipendi già maturati e non ancora corrisposti, la società sportiva/datore di lavoro sia comunque tenuta ad assolvere agli obblighi contributivi nei termini di legge con riferimento al trattamento retributivo complessivo non erogato stabilito nel contratto individuale, nonché a versare l’ulteriore contributo al Fondo di accantonamento, come sopra precisato.


Per quanto concerne, invece, la questione relativa alle modalità di compilazione del Libro Unico del Lavoro, “tenuto conto che il lavoratore non percepisce le retribuzioni maturate per una o più mensilità”, il ministero del Lavoro ritiene utile riportare sul LUL esclusivamente “la quantificazione della durata della prestazione o la retribuzione effettivamente erogata”; ne consegue che, nel caso in cui si proceda a conciliazione e in tale sede il lavoratore rinunci alla corresponsione di importi retributivi – peraltro individuati nell’apposito verbale ex art. 411 c.p.c. – gli stessi non andranno indicati sul LUL.

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