Premessa – Sì al patto di concorrenza, ma il costo è l’erogazione di un’indennità per un massimo di due anni all’agente. Ciò è quanto chiarisce il parere n. 9/2012 della Fondazione Studi C.d.l., chiamato a rispondere a un quesito circa la possibilità o meno per l’agente e ditta preponente di concludere un patto di non concorrenza alla fine del rapporto di lavoro. Così facendo, la ditta preponente si garantirebbe quella fetta di clientela acquisita con tanta fatica dall’agente, in quanto quest’ultimo, vincolato dal patto di non concorrenza, non può offrire in concorrenza gli stessi beni e servizi. Una sorta di compenso, seppur parziale, per il mancato reddito futuro derivante dalla chiusura del rapporto di agenzia.
Il quesito – È stato chiesto alla Fondazione Studi C.d.l. se è possibile tra agente e ditta preponente stipulare un patto di non concorrenza alla cessazione del rapporto di lavoro. Inoltre, sono state chiesti ulteriori delucidazioni in merito alla disciplina fiscale e alla modalità di contabilizzazione da applicare ad entrambe le parti.
La misura dell’indennità – In base all’art. 1751-bis, l’indennità in questione ha natura “non provvigionale” e deve essere commisurata:
- alla durata del patto di non concorrenza, non superiore a due anni dopo l'estinzione del contratto;
- alla natura del contratto di agenzia;
- all’indennità di fine rapporto.
L’effettiva determinazione dei predetti parametri è affidata alla contrattazione tra le parti, tenendo conto degli accordi economici nazionali di categoria. In assenza di accordo, l’indennità viene determinata dal giudice sulla base delle seguenti caratteristiche: media dei corrispettivi riscossi dall'agente in vigenza di contratto e alla loro incidenza sul volume d'affari complessivo nello stesso periodo; causa di cessazione del contratto di agenzia; ampiezza della zona assegnata all'agente; esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente.
Tassazione per l’agente – Dal punto di vista contabile, l’indennità è classificata tra i ricavi, di cui all’art. 85, c. 1, lettera a) del TUIR; mentre per quanto concerne le sole imprese individuali e società di persone, l’emolumento è invece assoggettato alla tassazione separata.
Dubbi e interpretazioni – A tal proposito, si manifestano però alcune perplessità, poiché la finalità della tassazione separata è quella di tassare in via favorevole somme che sono maturate nel tempo (come il TFR dei lavoratori dipendenti), ma percepite in unica soluzione. L’indennità, al contrario, si proietta nel futuro, posto che la finalità è quella di compensare mancati guadagni dell’agente negli anni di copertura del patto. Al riguardo, i C.d.l. ritengono invece che, nell’ipotesi in cui l’indennità venga corrisposta a un agente in forma individuale o sotto società di persone, la stessa non debba concorrere alla formazione della base imponibile IRAP poiché non avendo natura provigionale “esce” dalla formazione del reddito d’impresa, dunque attiene alla sfera personale.
Tassazione della ditta preponente – Quanto alla ditta preponente, le somme corrisposte all’agente sono deducibili ai fini delle imposte sui redditi, ai sensi dell’art. 109 del TUIR. Aspetto non ancora molto chiaro riguarda invece la modalità di deduzione dell’indennità, ossia se deve essere interamente portata a conto economico e dedotta nel periodo d’imposta in cui l’accordo si è perfezionato o se il relativo costo debba essere ripartito lungo la durata del patto. Tuttavia, i principi contabili internazionali (ISFR 3), nell’individuare alcuni elementi che possiedono i requisiti per essere iscritti tra le attività immateriali, compare proprio il patto di non concorrenza. Pertanto, anche coloro che non utilizzano tali principi possono rifarsi a tali criteri di contabilizzazione.
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