11 dicembre 2015

Lavoro nero: codice tributo vecchio per la compilazione del mod. F23

Va utilizzato il codice tributo “79AT” per il versamento del 30% dei nuovi importi sanzionatori previsti dal D.Lgs. n. 151/2015 sul lavoro nero

Autore: redazione fiscal focus

In caso di versamento del 30% dell’importo sanzionatorio relativo alla c.d. “maxisanzione per lavoro nero”, ovvero il 30% delle somme aggiuntive versate per la revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, nonché il maggiore introito derivante dalle maggiorazioni delle sanzioni di cui all’art. 14, co. 1, lett. c) del D.L. n. 145/2013, andrà utilizzato il vecchio codice tributo “79AT” ai fini della compilazione del modello F23.


A darne notizia è il Ministero del Lavoro con la nota protocollo n. 21476/2015, rivolgendo le proprie indicazioni in favore dell’Agenzia unica per le ispezioni nel lavoro denominata “Ispettorato nazionale del lavoro” (art. 1, co. 1 del D.Lgs. n. 149/2015).



Maxi sanzione - La nuova normativa sulla c.d. maxisanzione, novellata dall’art. 22, co. 1 del D.Lgs. n. 151/2015, introduce uno scaglionamento degli importi sanzionatori in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro al Centro per l’impiego. Quindi, abbiamo una sanzione che va:


  • da 1.500 a 9.000 euro, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;
  • da 3.000 a 18.000 euro, in caso di impiego del lavoratore da 31 a 60 giorni di effettivo lavoro;
  • da 6.000 a 36.000 euro, in caso di impiego del lavoratore in presenza di oltre 60 giorni di effettivo lavoro.

Le sanzioni sono aumentate del 20% in caso di impiego di lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 22, comma 12, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, o di minori in età non lavorativa.


Diffida - Altra novità estremamente importante è la reintroduzione della diffida per le violazioni in relazione alle quali si applica la maxisanzione, ad eccezione quindi delle violazione considerate “non sanabili”. Più in particolare, il trasgressore può regolarizzare la propria posizione con riferimento ai lavoratori in nero ancora in forza all’atto dell’accesso ispettivo, provvedendo entro il termine di 120 giorni dalla notifica del “verbale unico di accertamento e notificazione, a porre in essere tutti i seguenti adempimenti:


  • regolarizzare l’intero periodo di lavoro prestato in nero, non soltanto mediante il pagamento dei relativi contributi e premi, ma anche istituendo e compilando il LUL, consegnando la lettera di assunzione inviando la comunicazione al competente Centro per l’impiego;
  • stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell’orario non superiore al 50%, ovvero un contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi;
  • mantenere il lavoratore in servizio per almeno 90 giorni (da maturare integralmente entro il termine di diffida; da computare al netto del periodo di lavoro prestato "in nero", che andrà comunque regolarizzato e da comprovare attraverso il pagamento delle retribuzioni, dei contributi e dei premi scaduti);
  • pagare una somma pari al minimo dell'importo della maxisanzione ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.



Sul punto, va precisato che l’adempimento della diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in misura minima che, in qualunque misura, bilancia gli oneri sostenuti dal datore per il mantenimento del rapporto di lavoro. Ne consegue che, in assenza di un effettivo mantenimento del rapporto di lavoro per almeno 3 mesi entro il 120° giorno dalla notifica del verbale, qualunque ne sia la ragione, non potrà ritenersi adempiuta la diffida.

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