Il D.Lgs. 81/2015, entrato in vigore lo scorso 25 giugno 2015, ha abrogato la disciplina delle collaborazioni a progetto, delle associazioni in partecipazione e delle cosiddette “mini-co.co.co” introdotta nel 2003 dalla Legge Biagi.
Il legislatore del Jobs Act ha contemplato tuttavia alcune ipotesi di deroga alla disciplina abrogativa, riservate alle fattispecie che prevedano l’impiego delle collaborazioni:
• sulla base di accordi collettivi nazionali stipulati in ragione delle particolari esigenze produttive e organizzative di uno specifico settore;
• relative a professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione agli albi professionali (ingegneri, consulenti del lavoro, giornalisti, avvocati, ecc.);
• riferite a specifiche attività svolte dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e di partecipanti a collegi e commissioni;
• svolte a favore di associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate a federazioni sportive nazionali, discipline sportive associate e enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI.
Il decreto, inoltre, ha innovato la disciplina del lavoro accessorio, innalzandone il limite di utilizzo ed introducendo un obbligo formale di comunicazione preventiva.
Le collaborazioni occasionali
Le collaborazioni occasionali (ex art. 61 D. Lgs. 276/2003) sono collaborazioni coordinate e continuative per le quali, data la loro limitata portata, non è necessario il riferimento al progetto.
Sotto il profilo fiscale e previdenziale è previsto:
• l’esonero dalla forma scritta del contratto e la previsione di uno specifico progetto di lavoro;
• che il compenso sia assimilato a reddito di lavoro dipendente ex art. 50, comma 1, del TUIR;
• l’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’Inps;
• l’iscrizione ai fini Inail qualora esista un rischio da coprire.
Gli elementi caratterizzanti della collaborazione occasionale sono:
• la durata, che non deve essere superiore a 30 giorni con lo stesso committente in un anno solare;
• il compenso che non può essere superiore a 5 mila per ciascun ogni committente;
• il coordinamento con il committente.
Il lavoro autonomo occasionale (ex art. 2222 C.C.), invece, è caratterizzato da:
• mancanza di continuità della prestazione;
• mancanza di coordinamento: l’attività non deve essere svolta all’interno dell’azienda né nell’ambito del ciclo produttivo del committente.
La valutazione della natura occasionale del rapporto instaurato tra le parti deve prescindere dalla misura del compenso e dal numero di prestazioni, ben potendo quindi verificarsi fattispecie nelle quali le prestazioni di lavoro autonomo occasionale siano svolte a fronte di compensi superiori a 5 mila euro.
Sotto il profilo fiscale e previdenziale è previsto che:
• i redditi sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare dei proventi percepiti nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione e rientrano tra quelli diversi di cui all’art. 67 del TUIR;
• deve essere applicata una ritenuta d’acconto del 20% all’atto della percezione del compenso;
• l’attività occasionale può essere esercitata senza l’apertura della partita Iva e senza l’obbligo di tenuta di libri e registri contabili;
• l’obbligo di iscrizione e di conseguente versamento alla gestione separata scatta unicamente qualora il reddito derivante dalla prestazione superi i 5 mila euro.
I caratteri che permettono di distinguere efficacemente il lavoro autonomo occasionale dalla collaborazione occasionale, vanno dunque individuati nell’assenza del coordinamento con l’attività del committente, nella mancanza dell’inserimento funzionale nell’organizzazione aziendale, nel carattere episodico dell’attività, nella completa autonomia del lavoratore circa il tempo ed il modo della prestazione che caratterizzano la prima tipologia contrattuale che, proprio per questo, non è soggetta ad obblighi contributivi di alcun genere, finchè il reddito annuo permane al di sotto del limite previsto.
Le cosiddette “mini co.co.co.” invece sono sottratte all’applicazione della disciplina del lavoro a progetto ma sono, comunque, assoggettate al medesimo trattamento contribuivo e fiscale proprio di quest’ultimo, a prescindere dalla durata e dall’importo.
Il lavoro occasionale accessorio - Con il lavoro accessorio il D. Lgs. n. 276/03 ha inteso regolamentare, invece, quelle prestazioni lavorative non riconducibili alle tipologie contrattuali tipiche del lavoro subordinato o del lavoro autonomo, ma caratterizzate da un limite prettamente economico e dalla corresponsione del compenso attraverso dei voucher.
Le prestazioni di lavoro accessorio integrano attività lavorative di natura “meramente occasionale” che possono essere rese, al di fuori di un normale contratto di lavoro, nella generalità dei settori produttivi ma entro un limite di compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare, con riferimento alla totalità dei committenti. Tale limite è stato innalzato a 7.000 euro nel corso dell'anno civile dal giorno successivo a quello della pubblicazione in GU del decreto attuativo in materia di contratti di lavoro, vale a dire dallo scorso 25 giugno.
I limiti massimi devono comunque intendersi al netto delle trattenute totali, pari complessivamente al 25%: ne deriva che, ad esempio, il limite di reddito complessivo per l’anno solare per il collaboratore corrisponde ad una erogazione di buoni lavoro per un controvalore nominale pari a 9.330 euro che, al netto delle trattenute totali del 25%, dà un controvalore netto pari a 6.997 euro. Tuttavia è stato previsto che qualora il committente sia un imprenditore o un professionista le prestazioni di lavoro accessorio rese a loro favore non possono eccedere il limite di € 2.000 nell’anno civile per ciascun lavoratore.
In più occasioni il Ministero ha precisato che rimane valido il divieto di impiego nell’ambito di contratti di appalto o in somministrazione: tali attività devono, dunque, essere svolte direttamente a favore dell'utilizzatore della prestazione e che il lavoro occasionale non è compatibile con lo status di lavoratore subordinato se impiegato presso il medesimo datore di lavoro titolare del contratto di lavoro dipendente.
In sostanza, si presume che qualunque prestazione, rientrante nei limiti economici previsti dalla norma, sia per definizione occasionale e accessoria, anche se in azienda sono presenti lavoratori che svolgono le stesse funzioni con un contratto di lavoro subordinato.
Il lavoro occasionale accessorio è esente ai fini fiscali; obbligatoria, invece, l’iscrizione e contribuzione in favore della Gestione separata dell’Inps e dell’Inail.
I contratti di lavoro occasionale dopo l’entrata in vigore del Jobs Act
Alla luce di quanto sopra esposto va osservato che:
- le collaborazioni occasionali (mini co.co.co) di cui all’art. 51 del D.Lgs n. 276/2003 sono state abrogate;
- la normativa del lavoro autonomo occasionale è rimasta invariata;
- la disciplina del lavoro accessorio è stata ampliata;
In presenza di prestazioni d’opera è ancora possibile per aziende e professionisti continuare ad avvalersi delle prestazioni di lavoro autonomo occasionale, documentate da contratto e ricevute dei compensi corrisposti ai prestatori al netto della ritenuta d’acconto del 20%.
Mentre, con riferimento al contratto di lavoro accessorio il D. Lgs. n. 81/2015, ha confermato il venire meno della caratteristica dell’occasionalità e esteso la possibilità di impiego a qualsiasi tipo di attività.