3 gennaio 2014

Licenziamento. Troppi 18 giorni di istruttoria

È illecito il licenziamento se l’istruttoria dura 18 giorni

Autore: Redazione Fiscal Focus
Premessa – Time over. Sono decisamente troppi i 18 giorni passati fra il giorno in cui il datore può chiudere l’istruttoria con la contestazione dell’illecito disciplinare e la data della lettera di licenziamento per giusta causa notificata al dipendente. In tal caso, infatti, si considera violato il principio di tempestività dal datore che rimanda il recesso pure dopo aver accertato che l’incolpato non è titolare di delega sindacale a organizzare scioperi. A stabilirlo è la Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 26655/2013.

Il caso – La vicenda riguarda un rappresentante sindacale che, all’improvviso, si sdraia a terra davanti al passo carrabile dello stabilimento impedendo il transito dei mezzi aziendali e creando una situazione di pericolo oltreché danni alla società. A questo punto l’azienda vuole andare a fondo e scopre che il dipendente non è titolare di deleghe da parte dell’organizzazione sindacale a dichiarare scioperi né ad assumere iniziative conflittuali nei confronti del datore per conto della confederazione. Ciò detto, è chiaro che l’azienda potrebbe subito irrogare la sanzione espulsiva, visto che la clamorosa azione del dipendente si è svolta sotto gli occhi di numerosi testimoni. Ma passano ben quattro settimane prima che il provvedimento sia adottato.

La sentenza – I giudici della Corte Suprema bocciano il ricorso dell’azienda, in quanto il provvedimento espulsivo viola il principio di immediatezza della reazione del datore al comportamento antidoveroso del dipendente. Inoltre, il lavoratore non risulta sospeso in via cautelare per tutto il tempo in cui l’azienda compie la sua istruttoria: è dunque ragionevole credere che nel frattempo il dipendente si sia convinto che il datore non avesse più interesse a risolvere il rapporto di lavoro. In pratica, l’indecisione dell’azienda ingenera nel dipendente un legittimo affidamento su di una sopravvenuta mancanza di interesse dell’impresa nell’adottare provvedimenti contro di lui. Il recesso, dunque – concludono i giudici - risulta illegittimo e scattano la reintegra più il risarcimento.
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