La rivoluzione del monouso è scattata ufficialmente sabato 3 luglio, data ultima in cui tutti i paesi UE sono stati chiamati a rispettare la direttiva “SUP” (Single Use Plastic) che dice addio a posate, piatti, cannucce, palloncini, contenitori per bevande, mozziconi di sigaretta, sacchetti, involucri, salviette umidificate, articoli sanitari, ami, fili e componenti delle canne da pesca realizzati in plastica, anche in formato oxo-degradabile. Si salvano, ma solo al momento, bicchieri e contenitori per il cibo, poiché non esistono in commercio alternative.
Una direttiva che ha il nobile obiettivo di salvare mari e oceani dall’invasione della plastica, scoperta per la prima volta nel 1988, con i primi risultati visibili attesi entro il 2026, anche se la UE ha come data limite il 2030 per ridurre della metà i rifiuti plastici prodotti e consumati entro i confini europei. Dalla nuova norma che rende fuorilegge “l’usa e getta” su cui si sono rette per decenni gite e vacanze di milioni di persone, sono esclusi solo i prodotti in plastica riutilizzabile.
Un tema ambientale impossibile da ignorare che ha anche profondi risvolti economici, visto che il settore italiano produce circa il 35% di bicchieri e stoviglie in plastica dando lavoro a 50mila lavoratori, che diventano addirittura 8 milioni contando l’universo dei fast-food. Da tempo, i produttori sono sul piede di guerra: oltre a ricordare che il nostro Paese detiene il 60% del mercato europeo dell’usa e getta, con 280 aziende e un fatturato di 815milioni all’anno, hanno messo in atto proteste per bloccare le forniture di prodotti da imballaggio oppure sottoposti a rincari fra il 30 ed il 40%. Ad appoggiare le lamentele del comparto anche il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, che bolla il provvedimento come “poco chiaro e incoerente” e il presidente degli industriali Carlo Bonomi, secondo cui “viene chiuso di fatto un intero settore industriale”.
L’Italia ha da tempo avviato un contenzioso con la UE per protestare contro una norma che non distingue oggetti in plastica tradizionale non biodegradabili dalle plastiche “bio” di ultima generazione, realizzate con materie prime naturali come il mais, perfettamente biodegradabili e compostabili.
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