Sul “pasticciaccio brutto” degli autovelox si abbatte il provvedimento del Gip di Cosenza, che mette mano nella clamorosa mancanza di omologazione di buona parte degli apparecchi in funzione in Italia, un caso esploso lo scorso maggio che ha portato ad un decreto di modifica voluto dal Ministro Salvini che concedeva ai Comuni 12 mesi di tempo per adeguarsi a nuove norme molto più stringenti per i comuni, oltre a prevedere la piena visibilità delle postazioni di rilevazione e una distanza precisa fra gli impianti. Tutto era nato dal caso di un automobilista di Treviso che aveva contestato una multa per eccesso di velocità pari a 97 km/h in un tratto di strada con limite a 90. La difesa aveva chiesto la cancellazione della multa perché comminata da un apparecchio non omologato.
Da lì, un inferno che aveva portato al decreto, che tuttavia pensava a tutto ma tralasciava di affrontare proprio il tema dell'omologazione, il più delicato dell’intera questione. Risultato, lo scorso aprile, una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che le multe emesse tramite dispositivi approvati ma non omologati sono da considerarsi nulle.
E si arriva alle scorse ore, quando nell’ambito di un’indagine della Procura di Cosenza scaturita dai risultati di accertamenti sulla “non legittimità del sistema di rilevamento delle violazioni della velocità effettuate con la strumentazione denominata T-EXSPEED v2.0, con postazioni fisse per il rilevamento della velocità sia media che puntuale, dislocate lungo la statale 107 e la provinciale 234 del territorio della provincia di Cosenza e la statale 106”, la Polstrada cosentina ha nuovamente messo sotto sequestro diversi autovelox considerati illegali presso numerosi comuni e città fra cui Venezia, Vicenza, Modena, Reggio Emilia, Pomarico, Cerignola, Pianezza, Piadena, Formiglie, Arcola, Carlentini e San Martino in Pensiliis. Il provvedimento ha disposto anche la denuncia a piede libero del legale rappresentante dell’azienda appaltatrice per frode nella pubblica fornitura.
Da quanto risulta, gli accertamenti hanno permesso alla Polstrada di Cosenza di accertare non solo la mancata omologazione ma anche la totale assenza del prototipo del sistema di rilevamento, due punti considerati indispensabili per legittimare le violazioni rilevate dai sistemi, in genere noleggiati agli enti locali da società private.
A questo punto si fa ancora più alto il rischio concreto di un danno erariale difficilmente valutabile ma comunque enorme, derivato dai ricorsi di utenti a cui spesso i giudici finiscono per riconoscere anche il risarcimento delle spese. È il Codacons a ricordare che le multe comminate da autovelox non a norma possono essere contestate, a patto che le sanzioni non siano state già pagate. In proposito, la legge stabilisce che dalla data di contestazione o notifica della violazione sono concessi 60 giorni per andare davanti al Prefetto e presentare un ricorso gratuito (che tuttavia determina il pagamento del doppio della sanzione se l’istanza viene respinta), oppure 30 giorni per rivolgersi al giudice di pace, ma pagando il contributo unificato.
Per le multe già pagate o quelle per cui siano scaduti i termini non è più possibile proporre ricorso. Nel caso in cui sia ancora possibile contestare la sanzione, per avere la controprova sull’omologazione del dispositivo occorre presentare istanza di accesso presso il comune dove è installato l’apparecchio e ottenuti gli atti verificare le specifiche tecniche.
Secondo il Codacons, in base alle ultime stime del sito specializzato Scdb.info, in Italia si contano 11.303 apparecchi per la rilevazione automatica della velocità installati lungo le strade. “Chi viola i limiti di velocità e mette a rischio la sicurezza stradale va sempre punito, ma gli enti locali devono agire nella piena legalità utilizzando apparecchi omologati e che rispettino le normative, per evitare l’inevitabile raffica di ricorsi che scatterà ora a seguito dei sequestri degli autovelox disposti dalla magistratura”, precisa il presidente Carlo Rienzi.
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