La scomparsa di un parante prossimo porta con sé oltre che la sofferenza per la perdita di una persona cara anche una serie di adempimenti amministrativi legati all’eredità lasciata dal caro defunto. Perché questa eredità venga trasferita ai beneficiari legittimi è necessario pagare l’imposta di successione. Ma quando non siamo tenuti a versare l’imposta di successione? E cosa dobbiamo sapere in caso di successione?
Di seguito un piccolo vademecum.
Cos’è la successione – L’imposta di successione è una tassa indiretta dovuta allo Stato da parte degli eredi e dei legatari del defunto. È un adempimento fiscale molto importante che permette di poter disporre legalmente dei beni ricevuti in caso di morte di un parente.
È un’imposta tramite la quale, quindi, si regola la devoluzione del patrimonio del defunto. L’imposta di successione deve essere pagata all’Agenzia delle Entrate e deve essere presentata entro 12 mesi dalla data di apertura della successione coincidente con la data del decesso del contribuente. Si applica al trasferimento della proprietà agli eredi beneficiari di beni mobili e immobili e di altri diritti reali o denaro in caso proprio di eredità. È obbligatoria se nel patrimonio oggetto di eredità ci sono beni immobili o diritti reali immobiliari.
Forme di successione – Esistono due forme di successione:
- Successione legittima: l’eredità viene devoluta secondo la legge in base al rapporto di parentela diretto che devolve a ciascuno degli eredi individuati una quota del patrimonio ereditario.
- Successione testamentaria: il defunto che ha fatto il testamento individua i successibili e le quote ad essi assegnate.
La successione può essere eventualmente anche mista quando il defunto non divide in forma testamentaria tutto il patrimonio, e quindi sarà diviso in parte per testamento e in parte per legge, se non è disposto espressamente nel testamento.
Cosa è oggetto di imposta di successione? -Sono oggetto di imposta di successione o donazione:
- gli immobili, che, normalmente, si valutano mediante l’applicazione di determinati coefficienti alla rendita catastale;
- tutte le obbligazioni, i crediti, i beni mobili e il denaro che entrano nell’asse ereditario.
Beni imponibili:
- beni immobili e diritti reali immobiliari;
- aziende, navi e aeromobili;
- azioni e obbligazioni, altri titoli, quote sociali;
- rendite e pensioni;
- crediti;
- altri beni come denaro, gioielli e mobili per un importo pari al 10 per cento del valore globale netto imponibile dell’asse ereditario anche se non dichiarati o dichiarati per un importo minore, salvo che da inventario analitico non ne risulti l’esistenza per un importo diverso.
- passività deducibili.
Ci sono però dei casi in cui questa imposta non deve essere versata praticamente gli eredi vengono esonerati dal pagamento dell’imposta e possono usufruire direttamente dei beni ricevuti in eredità.
Casi e soggetti esonerati dal pagamento della successione – Quando l’eredità non ha un valore superiore a 100.000 euro e non è composta da beni immobili o da diritti reali sugli immobili, il coniuge e i parenti in linea diretta vengono esonerati dalla presentazione della dichiarazione di successione e quindi dal pagamento dell’imposta.
Quando l’erede è un disabile con un grave handicap riconosciuto ai sensi della Legge 104 del 1992, la franchigia per l’esenzione dell’imposta di successione è fissata in 1.500.000 euro. L’imposta di successione è dovuta sulla porzione del patrimonio ereditario eccedente la soglia della franchigia.
Qualora il defunto abbia indicato come erede un ente ecclesiastico o religioso, una onlus o una associazione, è prevista l’esenzione dell’imposta.
Beni esclusi - Sono esclusi dal pagamento dell’imposta di successione, in quanto non concorrono alla formazione dell’attivo ereditario, pertanto non devono essere inseriti nella dichiarazione di successione:
- titoli dello Stato, come i buoni, ordinari e pluriennali, del Tesoro e i certificati di credito;
- crediti verso lo Stato che non siano ancora stati riconosciuti sussistenti con provvedimento dell’ente pubblico debitore;
- crediti rivendicati in sede giudiziaria ma non ancora definiti da sentenza giudiziale;
- beni mobili registrati nel Pubblico Registro Automobilistico;
- trattamenti di Fine Rapporto e le indennità da lavoro;
- beni culturali soggetti a vincolo come beni di pregio architettonico, storico o culturale.
I trasferimenti di aziende, rami di azienda, quote sociali e azioni a favore del coniuge e degli eredi in linea retta non sono soggetti al pagamento dell’imposta di successione. È prevista l’esenzione del pagamento dell’imposta di successione per le indennità di cui agli art. 1751, ultimo comma, e 2122 del codice civile e le indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto.
Come si calcola? - Il calcolo dell’imposta di successione avviene quantificando l’eredità totale, ossia tutte le proprietà del defunto, dal quale devono essere sottratte le passività del defunto, ovvero i debiti e le spese mediche sostenute per suo conto dagli eredi negli ultimi 6 mesi di vita. Da questa differenza si ottiene il patrimonio su cui calcolare le imposte.
Quanto vale l’imposta di successione? - L’imposta di successione è dovuta in misura corrispondente a parte del valore ricevuto in eredità. L’aliquota cambia anche a seconda del grado di parentela del soggetto debitore. In particolare, sul valore complessivo dell’eredità si applicano le seguenti aliquote di tasse sulla successione:
- 4%, da calcolare sul valore eccedente il 1.000.000 di euro, per ciascun erede, per il coniuge e i parenti in linea retta (genitori e figli);
- 6% da calcolare sul valore eccedente 100.000 euro, per ciascun erede, per fratelli e sorelle;
- 6% da calcolare sul valore totale (cioè senza alcuna franchigia), per gli altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta, nonché affini in linea collaterale fino al terzo grado;
- 8% da calcolare sul valore totale (cioè senza alcuna franchigia), per le altre persone.