Ci sono realtà meravigliose, fatte di persone “speciali”, che spesso sfuggono all’attenzione e alla considerazione di una maggioranza resa cieca e indifferente dal privilegio di appartenere alla “normalità”.
E invece si tratta di lodevoli iniziative, possibili grazie alla passione e alla dedizione di quanti, sfidando limiti e pregiudizi, realizzano autentiche missioni sociali di valorizzazione e inclusione a vantaggio di ragazzi, uomini e donne, con diversi gradi di disabilità che, spesso, una volta concluso il percorso scolastico, non hanno più alcuna prospettiva. L’obiettivo è primariamente quello di preservarne la dignità e, più oltre, quello di ampliarne l’autonomia, affinché la preoccupazione del “dopo di noi” - che più d’ogni altra attanaglia i loro familiari – possa ricevere conforto e sollievo.
Tra queste realtà PizzAut è senz’altro una delle più note e valide. L’iniziativa è nata nel 2017 per mano di Nico Acampora che ha avuto l’intuizione di replicare su più larga scala l’esperienza fatta con suo figlio, un bambino autistico di 10 anni con una precoce passione per la preparazione della pizza. Grazie ad una raccolta fondi pubblica, è riuscito così a fondare una onlus che è, insieme, un laboratorio di formazione professionale ed una palestra di autonomia per ragazzi autistici. Un grande progetto di inclusione e di occupabilità di persone colpite da quel disturbo, dunque, che ha più avanti trovato la sua realizzazione concreta, prima, nell’apertura di una pizzeria “itinerante” (PizzAutObus, nel 2020) e, successivamente, di due ristoranti (nel 2021 a Cassina de’ Pecchi e nel 2023 a Monza) interamente condotti e gestiti – dalle cucine al servizio ai tavoli – da ragazzi autistici.
Sbagliato credere che solo al nord d’Italia – comunemente considerato più ricco di opportunità è più “emancipato” – possano riuscire simili imprese, giacché un esempio altrettanto valido ed efficace viene anche dal sud più estremo.
A Modica, in provincia di Ragusa, in una dimora storica del ‘700 è nato infatti “Casa di Toti”, un B&B etico (ideato da Muni Sigona col sostegno della Fondazione Con ilSud), gestito da ragazzi con autismo e disturbi psichici che, in tal modo, sviluppano nuove competenze e diventano più autonomi, coniugando socialità e lavoro.
Con l’aiuto di otto educatori e un responsabile psicologo, i giovani coinvolti partecipano a un programma di residenzialità comprensiva di tirocini extracurriculari e, alternandosi in turni di otto ore, sette giorni su sette, imparano compiti come la gestione delle prenotazioni, la pulizia, la preparazione della prima colazione e l’accoglienza degli ospiti.
Al di là di iniziative così ampie e strutturate ve ne sono tuttavia altre più “intime” e ristrette, che assolvono altrettanto efficacemente allo scopo di attualizzare programmi di autonomia che anticipano al “durante noi” dei genitori quelle sicurezze che vorrebbero garantite ai loro figli “speciali” per il tempo futuro, quando non ci saranno più loro a seguirli e ad accudirli.
Caterina, Elisa e Roberta ne sono un esempio.
Grazie alla Fondazione Dopo di Noi - nata a Bologna vent’anni fa - e sulla spinta di alcuni genitori di figli con disabilità, è stato tentato un esperimento che ha innescato anche un intervento di forte solidarietà collettiva tra la comunità di Crevalcore, dove le tre donne vivono.
Caterina ha 34 anni ed un contratto a tempo indeterminato come impiegata. Sette anni fa, è andata a vivere in un appartamento – “La Casa di Paola” - nel centro della cittadina, con Elisa, 46 anni, pensionata, con la passione per la cucina ed il volontariato. Entrambe hanno la sindrome di Down.
Due anni dopo, all’accenno di una tendenziale chiusura di quel rapporto a due verso l’esterno, si è intervenuti aggiungendo una nuova coinquilina, Roberta, 34 anni, impiegata part-time, affetta da un disturbo cognitivo di media gravità. E anche una gatta.
Inizialmente le tre donne sono state seguite quasi continuativamente da due educatrici che attualmente, invece, si alternano solo per 12 ore a settimana, aiutandole a fare la lista della spesa, a preparare il menù e a sostenerle nella loro relazione.
Tra piccoli litigi e pranzi preparati per i vari parenti che periodicamente invitano a pranzo, Caterina, Elisa e Roberta sono felici.
La loro autostima è ben solida e la loro autonomia fa passi da gigante, anche nelle relazioni con l’esterno. All’occorrenza, il vicinato è disponibile a dare aiuto, e tutti i negozianti del paese riservano un trattamento gentile a quelle tre donne, insospettabilmente coraggiose e forti.
Ed è questo un grande traguardo di umanità, che giova alla società tutta e non solo a chi riceve il beneficio immediato di vincere le proprie quotidiane difficoltà.