“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”. Così stabilisce l'articolo 37 della
Costituzione italiana.
Il lavoro femminile è oggigiorno in continua crescita e rappresenta un aspetto molto importante dello sviluppo occupazionale. Per le donne il lavoro è un’attività fondamentale nell’arco della vita perché essenziale per l’identità personale e per garantire il riconoscimento sociale e la propria indipendenza.
Nonostante i progressi sperimentati negli ultimi anni, la condizione lavorativa delle donne, in molti paesi del mondo, vede ancora notevoli
differenze rispetto a quella degli uomini, il cosiddetto “
gender gap”, con disuguaglianze a livello di
retribuzione, carriera e occupazione. Continuano ad essere presenti, forti squilibri rappresentati dall’ancora scarsa presenza delle donne ai livelli alti d’inquadramento e dalla loro quasi assenza ai livelli di vertice.
Secondo le recenti stime dell’OIL (Agenzia specializzata delle Nazioni Unite sui temi del lavoro e della politica sociale), le donne purtroppo sono ancora lontane dal raggiungimento dell’uguaglianza di genere nel mondo del lavoro e, in molte parti del mondo, sono ancora costrette a lavori poco qualificati dove vengono retribuite in maniera inferiore rispetto agli uomini.
Non dimentichiamoci inoltre quanto la
“gender inequity” possa incidere sul fattore
psicologico, riducendo la fiducia delle donne nelle proprie capacità.
La bassa autostima è un fattore di rischio di una serie di condizioni psicologiche, alcune delle quali si possono anche tramutare in gravi patologie, come ad esempio i disturbi alimentari.
Inoltre, gli effetti della pandemia da COVID-19 hanno maggiormente penalizzato le donne nel mondo del lavoro in Italia, sia a livello di occupazione che a livello di conciliazione vita-lavoro.
La crisi sanitaria ha raddoppiato la percentuale di lavoratrici che hanno perso la loro occupazione, rispetto a quella degli uomini, ampliando di conseguenza il gender gap. Le donne sono poi risultate più penalizzate anche nelle nuove assunzioni, faticando più dei lavoratori maschi a reinserirsi nel mercato dopo il primo lockdown.
Nonostante permangano però queste disuguaglianze, negli ultimi decenni l'UE ha compiuto notevoli progressi, in materia di parità di genere, dovuti a:
- norme sulla parità di trattamento;
- integrazione della dimensione di genere in tutte le altre politiche (gender mainstreaming);
- misure specifiche a favore delle donne.
Secondo le Nazioni Unite, raggiungere l’uguaglianza di genere è il
quinto obiettivo del Millennio, in quanto si tratta di una condizione essenziale per un mondo più sostenibile e pacifico.
La commissione Europea ha infatti sottolineato, nella comunicazione relativa alla strategia per la parità di genere 2020-2025, che fino ad oggi nessuno Stato membro UE ha raggiunto la parità tra uomini e donne nel mondo del lavoro a livello di retribuzioni, assistenza e pensioni.
L’Italia è però da lungo tempo impegnata in iniziative che mirano al raggiungimento della parità di retribuzione e alla regolamentazione delle pari opportunità tra uomo e donna nel contesto lavorativo.
Con la
legge n. 162/2021 è stato istituito il sistema di
certificazione della parità di genere. Una certificazione che potrà essere rilasciata a tutte le aziende che intendono ridurre il divario tra donne e uomini sul fronte della parità salariale (a parità di mansioni), delle opportunità di carriera, della tutela della maternità.
Per tale finalità sono previsti 10 milioni di euro.
Come conseguenza, il rilascio di tale certificazione comporterà diversi vantaggi sia per le aziende private che per i lavoratori. Le prime, ad esempio, avranno accesso a bandi, fondi e sgravi fiscali.
La strada da percorrere è ancora lunga ed importante, ma è altrettanto importante che non si smetta di lavorare per poter raggiungere un doveroso cambiamento.