"73.11.02": è questo il codice Ateco per influencer e content creator, una categoria che l’Inps ha deciso di riconoscere ufficialmente, dotandola di norme contributive e previdenziali e permettendo a chi oggi si agita sui social di andare in pensione un giorno ancora lontano, quando le nuove tecnologie avranno reso anche loro oggetti da museo.
Ma è anche, ovviamente, un modo per dare una regolata alla “creator economy”, un segmento che dà lavoro a circa 18mila professionisti e produce ricavi per circa quattro miliardi all’anno, almeno secondo quanto risulta dai dati dell’Aicdc (Associazione Italiana Content Digital Creators) e dell’Icom (Istituto per la Competitività). Mediamente, secondo l’associazione di categoria, i creatori di contenuti digitali possono contare su entrate economiche pari a 84mila euro all’anno, e con una presenza di 82 influencer ogni 100.000 abitanti, l’Italia è il terzo Paese in Europa per numero di professionisti del settore, alle spalle di Spagna e Regno Unito.
Secondo Massimo Bitonci, sottosegretario al Mimit, è il segno della volontà politica di regolamentare queste nuove professioni: “Sono 450 le professioni non ordinistiche e sono quasi sempre costituite da giovani. E sono professioni che vogliono regolamentarsi. Per questa ragione abbiamo fortemente voluto un tavolo di confronto con le associazioni che le rappresentano”.
Sull’argomento è intervenuta anche la Ministra del Lavoro Marina Calderone: “I cambiamenti del mercato del lavoro e delle tecnologie portano alla definizione continua di nuove attività professionali, e occorre affrontare questa sfida e agire attraverso due modalità: da un lato includere i lavoratori nel sistema di protezione della previdenza sociale, dall'altro favorire, all'interno di questo sistema generale, il pieno recupero contributivo dei periodi in cui si svolgono lavori diversi, così da poterli cumulare in modo gratuito”.
Quanto basta, insomma, per spingere l’Inps e l’Aicdc a presentare nei giorni scorsi a Roma una bozza della circolare che racchiude le norme contributive e previdenziali della categoria, vedendosi riconoscere la professione, pagando le tasse e, come tutti, accumulando denaro che un giorno servirà per la pensione. Un dettaglio, quest’ultimo, che, secondo Antonio Pone, direttore generale vicario dell’Inps, porterà gli influencer “a pagare sin dal primo giorno di attività: la norma proporrà uno schema chiaro a cui sarà possibile allinearsi progressivamente”, in modo autonomo o attraverso i propri commercialisti.
Per far uscire dall’anonimato fiscale la categoria di professionisti più giovane che ci sia, l’Inps ha ipotizzato tre categorie di inquadramento previdenziale: la classica gestione separata dei liberi professionisti, la gestione commercianti per le attività d’impresa o, in alternativa, il regime per i lavoratori dello spettacolo. Ma al momento manca all’appello il contenuto per esteso della bozza, che, secondo l’Inps, sarà inviato a breve al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e pubblicato verosimilmente “entro la fine dell’anno o, al massimo, entro il 6 gennaio 2025”.
“Un importante riconoscimento dell’influencer come lavoratore a tutti gli effetti che aiuta a distinguere tra chi fa il content creator di professione e chi no”, ha dichiarato Mauri Valente, vicepresidente dell’Aicd, “ma risolve anche l’incertezza dei commercialisti che consigliavano a tutti di aprire la partita Iva”, con la conseguenza diretta di avere troppi codici Ateco diversi, che di fatto impedivano di dare contorni precisi a una categoria.
Ma la bozza può anche essere molto utile alle famiglie dei minorenni resi celebri dal web, spesso alle prese con agenzie che propongono contratti, rendendo più semplice capire se il proprio figlio svolge un lavoro riconosciuto, per cui pagherà le tasse e un giorno sarà riconosciuto ai fini pensionistici.
A livello indicativo, la quota complessiva dei contributi da versare può arrivare al 40% del reddito lordo annuo, somma divisa in diverse voci: il 33% destinato alla previdenza pensionistica e il 7% restante per le altre forme di contribuzione obbligatoria, come la disoccupazione involontaria, il congedo di maternità-paternità e la copertura per periodi di malattia.
Ipotizzando un reddito lordo annuale di 20mila euro, gli influencer dovrebbero versarne circa 8.000, di cui 6.600 per il fondo pensionistico e 1.400 divisi nelle altre forme contributive.