Gli italiani peccano su un sacco di cose, ma almeno su un tema sono tra i migliori d’Europa: la coscienza ecologica. Il pianeta – dopo decenni di scempio selvaggio - sta davvero a cuore: lo dicono i risultati di un sondaggio “Ipsos” presentati nel corso dell’Ecoforum di Legambiente, Nuova Ecologia e Kyoto Club, secondo cui la quota di economia circolare nel nostro Paese è stabile al 45%, come un anno fa esatto, quando la crescita rispetto al 2022 era stata notevole.
Dopo aver imparato a memoria il colore dei cassonetti dei rifiuti, distinguendo quelli della carta da quelli dell’umido, del vetro e della plastica, non ci ferma più nessuno: “Nella classifica dei materiali ritenuti dai cittadini più pericolosi da smaltire, si confermano l’olio minerale lubrificante usato (60%), materiali elettrici e piccoli elettrodomestici (53%), e plastica dura (50%) - racconta il report - per l’olio minerale esausto, i cittadini sanno che viene raccolto e che può essere rigenerato, ma il consumatore chiede che sia indicato sulla lattina per poter fare scelte consapevoli”, aggiunge Legambiente.
Insomma, siamo diventati esperti nell’arte di mettere il vasetto dello yogurt al posto giusto, al punto che per un italiano su cinque non esistono materiali impossibili da smaltire, e le aeree ecologiche servono proprio a togliere ogni dubbio.
Qualche punto oscuro aleggia ancora sui materiali elettrici e i piccoli elettrodomestici, l’olio di frittura, il materiale ferroso, i mobili e gli utensili, i materiali edili e i liquidi dell’automobile.
In realtà, precisa Legambiente, a fronte di un impegno costante dei cittadini, manca ancora un riciclo completo e sistematico dei “RAEE” (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), che se sfruttato a dovere permetterebbe “di recuperare circa 900 tonnellate di materie prime come plastiche, vetro, cemento, rame, alluminio e legno”.
A crescere in modo confortante sono anche i servizi di gestione di rifiuti efficienti, un aumento che ha portato a quota 698 (l’11% in più rispetto al 2022), il numero dei comuni attrezzati per la gestione dei rifiuti urbani, in grado quindi di servire più di 4 milioni di cittadini, quasi il 7% della popolazione italiana. A svettare è il Nord del Paese con 434 comuni considerati efficienti, ma con una significativa rimonta del Sud che tocca quota 231, con una crescita del 23,8%. Nel dettaglio regionale svetta il Veneto (173 comuni), che divide il podio con Lombardia (101) e Campania (83). In crescita anche Sardegna (+18%) e Abruzzo (+9%).
Scendendo a livello comunale, le performance migliori sono quelle fatte registrare da 450 comuni con meno di 5.000 abitanti, seguiti da 196 che ospitano tra 5.000 e 15.000 residenti, e 48 quelli con oltre 15mila abitanti, con netta predominanza del Nord-Est, con Belluno, Treviso, Pordenone, Trento in cima alla classifica.
“In 31 anni di Comuni Ricicloni – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente – abbiamo premiato le amministrazioni virtuose e costruito percorsi di partecipazione, condivisione e confronto tra soggetti interessati per implementare la differenziata e il riciclo dei rifiuti urbani. I nuovi dati ci riconfermano come sia indispensabile puntare sulle grandi città, dove stentano a diffondersi sistemi di raccolta (come il porta a porta) che tengono insieme qualità e prevenzione dei rifiuti avviati a smaltimento. E rafforzare l’organizzazione a livello consortile per un’adeguata e capillare rete impiantistica per il riciclo e il trattamento dei rifiuti. I comuni rifiuti free hanno un ruolo importante, così come le amministrazioni comunali che ancora devono lavorare per raggiungere questi obiettivi, ma è necessario che tutti gli attori della filiera facciano la propria parte. Oltre un buon sistema di raccolta e una forte riduzione del secco residuo, infatti, occorre accelerare il raggiungimento degli obiettivi più generali di consolidamento, nei territori, dei principi cardine della gerarchia della gestione dei rifiuti (4R), di sviluppo di filiere e settori strategici nel panorama nazionale (dal tessile alle materie prime critiche, dai rifiuti speciali ai Raee fino allo spreco alimentare); ed accompagnare la realizzazione degli impianti necessari alla rivoluzione circolare del Paese, guidando i territori nella scelta e realizzazione di nuovi impianti e nella riqualificazione di quelli esistenti”.
Eppure, la maggior parte degli italiani è convinta che sia necessario fare ancora di più per sviluppare le energie rinnovabili, potenziare l’economia circolare e aumentare la lotta alla crisi climatica, passaggi considerati fondamentali anche dal punto di vista occupazionale, con un aumento deciso dei “green jobs”.
“Per il 54% degli intervistati il Governo dovrebbe incentivare la produzione e l’impiego di energie rinnovabili e per sviluppare l’economia circolare”, aggiunge Legambiente. A spaventare sono le crisi climatiche e i disastri che sempre più spesso si abbattono in tutto il mondo, eventi che hanno conseguenze economiche e di salute sulle popolazioni, e di cui per il 72% degli intervistati dovrebbero occuparsi i Governi con la stretta collaborazione di aziende, industrie e consorzi (42%), amministrazioni locali (39%), cittadini (35%) e media (20%).
Per quanto riguarda il nucleare, incluso fra le possibili alternative dal recente “Pniec” sull’energia del futuro inviato dal Governo a Bruxelles, 3 italiani su 4 continuano a dirsi contrari, anche se con diverse gradazioni: la metà ritiene che non ci siano le condizioni per un ritorno all’atomo, soluzione considerata assai pericolosa, mentre l’altra metà lascia aperto uno spiraglio: potrebbe essere favorevole, ma solo al netto di tecnologie che azzerino i rischi.