Dichiarare al fisco di essere quasi nullatenenti, e poi postare foto in un resort cinque stelle ai Caraibi, una cena in un ristorante stellato o la gita domenicale a bordo di una supercar varrà come prova provata, quella che gli americani chiamano “pistola fumante”. In fondo, delle due l’una: o si tratta di un lavoro di fino con Photoshop, oppure qualcosa non torna.
È un po’ questo, ridotto all’osso, il senso di quello è stato definito il “socialometro anti evasione”, un nuovo strumento che permetterà al fisco di soppesare i dati reddituali dichiarati e il tenore di vita esibito. Dati che l’Agenzia delle Entrate potrà valutare anche ai fini del nuovo concordato biennale.
Ad annunciare la novità il viceministro Maurizio Leo nel corso di un’udienza presso la commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, occasione in cui ha definito l’evasione fiscale “un macigno simile al terrorismo. Quando abbiamo 80-100 miliardi di evasione fiscale capiamo che è necessario far collaborare tutti, e nel rispetto dei dati personali, bisogna fare un passo in avanti per permettere all’amministrazione finanziaria di lavorare sul versante del data scraping”.
Il riferimento è al progetto, realizzato con la collaborazione di Sogei, per predisporre una tecnica informatica di analisi che attraverso programmi specifici è in grado di estrarre, classificare, suddividere e archiviare diverse tipologie di dati come appunto foto, video e selfie. Roba che magari scatena l’invidia degli amici, ma di sicuro piace tanto anche a quei signori con la divisa grigia e la fiamma gialla sul cappello.
“Oggi - ha spiegato Leo - spesso professionisti e imprenditori vanno sui social per annunciare di essere stati in vacanza alle Maldive o a cena in un particolare ristorante, e questi elementi potrebbero essere anche presi in considerazione per integrare i dati noti al fisco come redditi e consumi “tracciati”, sviluppando i futuri redditometri. Utilizzare i dati social è però un tema delicato ed è necessario un accordo con l’Autorità garante della privacy, con cui abbiamo iniziato a ragionare, e da parte loro c’è assoluta disponibilità, fermo restando la tutela dei dati personali”.
Una lotta senza quartiere all’evasione che secondo il viceministro deve passare anche attraverso il concordato biennale, se è vero che chi non aderisce “entrerà in liste selettive dove si andrà a verificare se ci sono le condizioni per poter dire che i contribuenti non hanno potuto realizzare questi compensi, e allora non accadrà nulla, ma se si notano anomalie e patologie, bisognerà intervenire”.
Affermazioni forti che annunciano misure altrettanto drastiche che, pur non essendo espressamente vietate dal “GDPR”, il regolamento europeo sulla protezione dei dati, sembrano in rotta di collisione con l’idea a cui il governo lavora da tempo nello sforzo di far passare il messaggio che il fisco sia un amico e non un avversario assetato di sangue.
Storicamente, la pratica del data scraping non ha mai avuto vita facile, sempre sospesa sul filo della legalità. I precedenti non mancano e uno dei casi più eclatanti riguarda lo scandalo di “Cambridge Analytica”, la società di cui era socio anche Steve Bannon, ex presidente americano dell’amministrazione Trump, che nel 2018 fu accusata di aver profilato la vita, i sentimenti, le passioni e i timori di 87 milioni di americani trasformandoli in target ad uso e consumo delle strategie utili per influenzare campagne politiche ed elezioni.
Non è che il primo caso di un uso spesso sconsiderato dei dati personali contro cui colossi come “X”, l’ex Twitter acquistata da Elon Musk, hanno deciso di agire bloccando la visualizzazione di numeri eccessivi tweet per impedire la profilazione, o ancora la scelta di “Meta”, la società di Mark Zuckerberg a cui fa capo “Facebook”, di usare il pugno duro annunciando azioni legali contro chiunque usi i canali social come una riserva privata di caccia e pesca.
Inevitabilmente, le parole del viceministro hanno scatenato la reazioni, rischiando un nuovo attrito fra i partiti di maggioranza, a cominciare dalla Lega che invita Maurizio Leo a distinguere “la giusta lotta all’evasione dall’idea di un’indiscriminata caccia alle streghe”.
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