Rifugio estivo per anziani in fuga dalla calura estiva, moderno “struscio” dei giovani e luogo di shopping per tutti gli altri, i centri commerciali sono entrati così tanto nelle nostre esistenze da uscirne con la stessa velocità, quando la pandemia si è mostrata in tutta la sua pericolosità.
Un effetto elastico che “Nomisma” e il “CNCC” (Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali) hanno fotografato nell’Osservatorio sull’Industry Italiana dei centri commerciali 2021. Un settore rappresentato in Italia da 1,300 strutture che nel 2020, fra impatti diretti, indiretti e indotti, ha perso 17,8 miliardi di euro sui 71,2 del 2019. Nel complesso, una perdita secca del 25%, pari a 45,5 miliardi di euro, con una contrazione di 55mila posti di lavoro, scesi dai 783mila del 2019 ai 728mila dello scorso anno soprattutto per mancato rinnovo o mancanza di contratti stagionali.
Nel periodo del lockdown, spiega il report, gli italiani hanno sostituito il centro commerciale fisico con quello virtuale dei canali online, modificando le proprie abitudini di spesa, ma ammonisce: si tratta di un settore che rappresenta circa il 60% del Pil italiano, “un insostituibile presidio socio-economico capace di garantire alti livelli di occupazione e di attrarre investimenti privati a integrazione di quelli pubblici”. A questo proposito, il CNCC ha avanzato proposte come l’eliminazione dei vantaggi che attualmente discriminano il commercio fisico rispetto a quello elettronico.
“Presentare questa importante indagine realizzata da Nomisma è un punto di partenza fondamentale per comprendere gli effetti profondi della pandemia sul nostro comparto. Tra gli aspetti più interessanti emersi dalla ricerca mi preme segnalare la centralità che il commercio fisico continua ad avere, pur nel contesto di un’evoluzione del mercato sempre più caratterizzata dall’integrazione dell’esperienza fisica con quella digitale – precisa Roberto Zoia, presidente CNCC - dall’analisi emerge con chiarezza come, nonostante per mesi il digitale sia stato spesso l’unica opzione d’acquisto possibile e abbia realizzato una crescita importante, esso non sia stato in grado di sopperire neppure lontanamente al crollo dei consumi a cui abbiamo assistito nel corso del 2020. Per questo motivo, il sostegno alle attività del commercio tradizionale resta prioritario nell’ambito di politiche economiche e industriali che si prefiggano di rilanciare i consumi.
Solo sostenendo il canale fisico, che rimane la scelta preferita dalle famiglie italiane, si potrà infatti realmente contribuire ad agevolare la ripresa economica del Sistema Paese nel suo complesso”.
© Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata