2 luglio 2024

L’angolo delle buone notizie: l’export italiano torna a correre

Secondo il report di Sace, il 2024 si chiuderà con un valore pari a 650 miliardi di euro, che saliranno fino a quasi 680 nel 2025. Fondamentale la spinta offerta dalle nuove tecnologie digitali e sostenibili

Autore: Germano Longo
Diverse ricerche scientifiche l’hanno appurato: il cervello umano predilige le buone notizie. E allora, fra tante cose che non vanno, può far piacere scoprire che l’export italiano è tornato a crescere, con previsioni che parlano di 679 miliardi di euro entro il prossimo anno.

Lo racconta il tradizionale “Doing Export Report 2024” di Sace, il gruppo assicurativo-finanziario controllato del Mef e specializzato nel sostegno alle imprese, secondo cui l’Italia si conferma tra i primi esportatori al mondo, con un +3,7% quest’anno che salirà al +4,5% nel 2025 mantenendo un +4,2% medio anche nel biennio successivo. Tradotto in moneta sonante significa chiudere il 2024 superando di slancio i 650 miliardi ma con la previsione di raggiungere quota 679 al termine del prossimo. Assai positivo è anche il trend per l’export nazionale di servizi, con una crescita media del valore pari al 4% nell’arco di tempo fra il 2024 e il 2027, dovuto in massima parte allo sviluppo di nuove tecnologie, Intelligenza Artificiale e transizione ESG, malgrado non manchino rischi dovuti alla delicata situazione geopolitica internazionale e le preoccupazioni per i cambiamenti climatici.

Una stima di crescita dovuta in particolare all’aumento delle richieste dai mercati “Gate” (Growing, Ambitious, Transforming ed Emerging), ovvero quelli identificati come i più attenti verso le novità del Made in Italy, come Messico, Brasile, Colombia, Turchia, Serbia, Egitto, Marocco, Sudafrica, India, Cina, Vietnam e Singapore, che oggi macinano 80 miliardi di euro all’anno ma possono ambire a quota 95. “Sono i Paesi dove si incrociano due cose: da un lato un ammontare di investimenti e altri che verranno realizzati nei settori in cui le aziende italiane sono l’eccellenza. Per cui li abbiamo identificati come quelli dove andare principalmente a investire - ha spiegato l’ad di Sace Alessandra Ricci - mi piace ricordare quelli che sono i dati del 2023 che le persone di Sace hanno contribuito a realizzare. Abbiamo sostenuto le imprese con 55 miliardi che hanno generato circa 155 miliardi di investimenti e progetti. Molti di questi sono stati in Italia, soprattutto per far fronte a quello che è il percorso di transizione sostenibile”.

Scendendo nel dettaglio, la Lombardia è la prima regione con un valore di export pari a oltre 165 miliardi di euro nel 2023 (+0,8%), segue l’Emilia-Romagna (85,5 miliardi, +1,6%), il Veneto (82 miliardi, -0,3%) e il Piemonte (63,8 miliardi, +7,3%). A ruota, con valori minori, il Friuli-Venezia Giulia (19,1 miliardi), il Trentino-Alto Adige (12,3), la Liguria (10,7) e la Valle d’Aosta (0,8).

“Le imprese italiane si trovano a varcare la soglia di una nuova era, dove, per essere competitive, devono ripensarsi e investire, puntando su modelli organizzativi agili e sostenibili e guardando al futuro – ha commentato Alessandra Ricci, Amministratore Delegato di SACE - e per tutto questo noi siamo al fianco delle imprese con soluzioni, persone e sedi, in Italia e in tutto il mondo. Il Doing Export Report di SACE è la guida pratica per evolversi, presidiare e intercettare le opportunità per l’export italiano in un contesto internazionale complesso, ma ad alto potenziale per il Made in Italy”.

Le nuove tecnologie come la stampa in 3D fanno bene anche alla moda e al settore del legno-arredo, mentre fra quest’anno e il prossimo si attendono altri dati positivi da cosmetica, farmaceutica e chimica, anche se a dettare legge continua ad essere l’agroalimentare, punta di diamante del Made in Italy e dell’export, con un’ottima ricaduta per le imprese che hanno adottato tecnologie e processi produttivi digitali e sostenibili, con l’adozione di sistemi che si traducono in vantaggi di produttività e migliore qualità. Secondo una recente indagine “Centro Studi Tagliacarne-Unioncamere” si può parlare di un effetto “skills 4.0” per le imprese che hanno investito sia nelle tecnologie digitali sia nella formazione, che prevedono aumenti di produzione più diffusa rispetto a quelle che pur adottando il 4.0 non hanno puntato sulla formazione.
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