25 giugno 2021

L’America e la psicosi delle ali di pollo

La chiusura per lunghi mesi di aziende della lavorazione della carne e un aumento degli ordini delivery si stanno traducendo nel vuoto pneumatico per le catene di fast-food. Una delle più note ha deciso di cambiare, votandosi alle cosce

Autore: Antonio Gigliotti
L’abbiamo imparato a memoria: in Italia, lo scorso anno, il lievito era diventato introvabile, seguito a ruota dalla pasta, a parte le ormai celebri penne lisce che – chissà poi perché – sostavano senza timori sugli scaffali per mesi. Ma paese che vai necessità che trovi: nel Regno Unito e negli Stati Uniti, al contrario, era scattata la caccia alla carta igienica, non esattamente un bene di primissima necessità, almeno seguendo un minimo di logica. Eppure, le foto di carrelli stracolmi di confezioni formato caserma di rotoli a doppio strato circolano ancora in rete.

Ora, a emergenza quasi finita, con le vendite di carta igienica tornati sui livelli pre-panico, l’America sta vivendo una seconda psicosi da carenza: quella delle ali di pollo. Uno dei pochi vanti della cultura gastronomica “yankee”, semplice, sfizioso e amatissimo, nato come piatto povero e oggi immancabile nelle grigliate in giardino, sta vivendo una fase di penuria che mette in allarme gli statunitensi. Le cause, spiegano ancora una volta gli esperti, è un altro filo trascinato dall’enorme carrozzone della pandemia, per essere più precisi dall’aumento esponenziale di ordini del delivery, che per mesi e mesi hanno distribuito milioni di alette di pollo più o meno piccanti, impanate, fritte o cotte al forno. Il risultato del “boom” è la solita coperta troppo corta: se la tiri su fino alla testa i piedi restano allo scoperto, e viceversa. Riportato al caso delle alette di pollo significa che se il numero di ali previste dal mercato è quello, assegnarne di più ai servizi di cibo on demand vuol dire averne di meno per supermercati e fast-food. Se poi a questo si aggiunge che tante di aziende di lavorazione della carne sono state costrette per mesi allo stop, il risultato finale è che ormai è più semplice trovare caviale, ostriche e aragoste che delle plebee alette di pollo.

Per tentare di risolvere la situazione, in attesa del ritorno alla normalità, c’è chi ha tentato un colpo di reni del marketing, come ad esempio la “Wingstop”, popolarissima e diffusissima catena di fast-food a tema aviazione specializzata proprio nelle ali di pollo che durante la pandemia è riuscita a sopravvivere grazie agli ordini online.

Poi, di colpo, i 2.500 fast-food Wingstop d’America, più quelli nel Regno Unito, Australia, Malaysia, Messico, Panama, Russia, Singapore, Colombia ed Emirati Arabi Uniti, sono rimasti senza la specialità della casa. Un crollo verticale che ha fatto addirittura precipitare le azioni della Wingstop al Nasdaq, scese in un solo mese da 102,92 a 44,23 dollari di valore.

Per cercare un rimedio, a Dallas, sede centrale della compagnia, si sono inventati in fretta e furia un nuovo marchio virtuale, il “Tightstop”, specializzato nelle cosce di pollo (tight significa coscia), condite con le stesse speziature delle introvabili alette. È un azzardo, certo, accompagnato dalla speranza che gli americani si accorgano che nelle cosce di pollo c’è perfino più da mangiare delle alette.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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