16 dicembre 2024

La BCE chiude l’anno con il quarto taglio dei tassi

Il tasso sui depositi passa da 3,25 al 3%, dando un po’ respiro a milioni di famiglie europee alle prese con le rate di un mutuo. Analoga decisione l’ha adottata la Svizzera, mentre si attende a breve un nuovo taglio dalla Fed statunitense

Autore: Germano Longo
Madame Lagarde ha calato il poker: com’era previsto, per la quarta volta nel corso dell’anno, la BCE ha deciso di tagliare i tassi di 25 punti base. Un’ottima notizia che trascina al 3% i tassi di deposito, quota che resta comunque ancora distante da quelli di due anni fa, quando l’inflazione era quasi impercettibile e i tassi perfino negativi. Ma per gli esperti non è finita qui: nel corso del 2025 la BCE potrebbe decidere almeno altri quattro tagli (il primo entro il prossimo marzo) per portare i tassi al 2%, cifra considerata la soglia di “neutralità”.

Nessuna previsione astrale, l’indicazione arriva direttamente da un comunicato stampa della BCE, che lascia intuire quanto l’inflazione per la Banca Centrale Europea non rappresenti più un’emergenza e al tempo stesso quanto sia necessario supportare l’economia dell’Eurozona in una fase di crescita al di sotto delle aspettative: “Le stime suggeriscono che la crescita dei prezzi si attesterà attorno al 2% nel medio termine. I nostri esperti si attendono una ripresa più lenta di quanto indicato nelle proiezioni di settembre. Nonostante l’aumento della crescita nel terzo trimestre di quest’anno, gli indicatori segnalano una contrazione nell’attuale trimestre. Le proiezioni degli esperti indicano una crescita dello 0,7% nel 2024, dell’1,1% nel 2025, dell’1,4% nel 2026 e dell’1,3% nel 2027”.

L’annuncio del taglio, arrivato dopo mesi di speculazioni e attese, rende più economico per le banche ottenere liquidità dalla BCE, stimolando il credito nell’economia. Oltre al tasso sui depositi della BCE, che come accennato scende dal 3,25 al 3%, calano anche il tasso sulle operazioni di rifinanziamento principale (dal 3,4 al 3,15%) e il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale (dal 3,65 al 3,4%).

A livello pratico, uno degli effetti legati alla riduzione dei tassi di interesse è ovviamente il costo del denaro, in particolare per mutui e prestiti, presupposto che crea condizioni più favorevoli per l’accesso al credito, con l’abbassamento delle rate mensili per chi ha un mutuo a tasso variabile, dando respiro a milioni di famiglie europee. Miglioramenti, anche se meno incisivi, potrebbero toccare anche i mutui a tasso fisso, rendendo più appetibili le offerte da parte delle banche. Considerando un mutuo da 200mila euro, si può stimare una riduzione su base semestrale nell'ordine dei 90 euro.

Secondo i calcoli del portale di comparazione Facile.it, dall’inizio dell’anno ad oggi la rata di un mutuo standard è scesa di 66 euro (da 748 a 682 €): “Viste le condizioni favorevoli di mercato, in tanti hanno approfittato delle offerte delle banche per surrogare il mutuo, passando dal variabile al fisso e abbattendo così la rata. Ma grazie ai tagli della BCE anche chi ha mantenuto il variabile ha potuto risparmiare, seppur in modo meno marcato”.

Il risparmio sulle rate dei mutui non ha comunque effetto immediato: in genere, le banche applicano le modifiche in modo progressivo e più lento, preferendo attendere altri indicatori di mercato come l’andamento dell’inflazione, la stabilità economica e i tassi interbancari.

Ma il nuovo taglio della BCE avrà ovviamente riflessi più ampi, con effetti anche sui mercati finanziari, dove potrebbe trasformarsi in uno stimolo per gli investimenti tanto per le aziende quanto per gli investitori, più propensi a spingersi verso rischi più alti e rendimenti maggiori. Dal punto di vista del consumatore, il taglio potrebbe avere il potere di rilanciare la propensione al consumo, contribuendo non poco a migliorare la crescita economica, ma il condizionale è d’obbligo, perché entra in ballo la percezione pessimistica sulla situazione economica.

Il prossimo 18 dicembre, anche la Fed statunitense potrebbe ridurre in modo analogo il costo del denaro sul dollaro, che tuttavia scenderebbe da 4,75 a 4,5%. A seguire, per prima, la BCE è stata la Banca centrale svizzera, che lo stesso giorno ha ridotto di ben 50 punti base il costo del denaro sul franco, mostrando a livello internazionale una politica monetaria ambiziosa e fortemente espansiva, anche se con il rischio latente che il franco si apprezzi in modo eccessivo su euro e dollaro.
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