A parte il paradosso della pandemia, che oltre alle libertà si è portata (almeno) appresso un calo generalizzato della delinquenza comune, è necessaria un’azione capillare per contrastare l’evasione, una delle peggiori piaghe italiane, e mettere mano con urgenza nei gangli della Pubblica Amministrazione. È questo, in estrema sintesi, il succo del monito lanciato dalla Corte dei Conti, racchiuso nel Rendiconto generale dello Stato 2020, “condizionato, in tutte le sue componenti, dalla necessità di fronteggiare l’emergenza sanitaria”.
Una lotta, dai risultati “del tutto incoerenti con le dimensioni del fenomeno”, ma su cui è doveroso concentrare gli sforzi e le attenzioni, perché le spese previste dal Recovery Plan non si trasformino in un invito a nozze per chi ha tutto in mente, tranne il bene del Paese. “Il Recovery Plan rappresenta un’opportunità per effettuare investimenti che aumentino il potenziale di crescita del Paese: per raggiungere l’obiettivo sarà necessario creare un contesto più trasparente ed efficiente e uno sviluppo sostenibile, al fine di consentire l’accesso allo studio, alla formazione e a un lavoro dignitoso anche ai più svantaggiati, oltre che l’esercizio dell’attività di impresa, senza il condizionamento di fenomeni criminosi - ha aggiunto il presidente Guido Carlino introducendo la relazione - occorrerà quindi seguire un cammino di finanza pubblica che, fatta salva l’esigenza di aumentare strutturalmente alcune componenti della spesa sia corrente, sia in conto capitale, affianchi, quando le condizioni lo consentiranno, all’espansione della spesa ‘buona’, il contenimento di quella ‘cattiva’. Si dovrà dare un consistente impulso alla lotta contro l’evasione fiscale per assicurare contestualmente una crescita del rapporto entrate su Pil e una riduzione della pressione fiscale su famiglie e imprese. Si impone inoltre la necessità di favorire maggiormente l’inclusione di famiglie numerose e con disabili, accrescendo il coinvolgimento dei servizi sociali dei Comuni e delle organizzazioni del Terzo settore”.
“I risultati finanziari derivanti dall’ordinaria attività di accertamento e controllo conseguiti dall’Agenzia delle entrate continuano ad essere del tutto incoerenti con la dimensione dei fenomeni evasivi registrati in Italia. Al di là della straordinarietà della situazione del 2020, in linea generale deve ancora una volta rilevarsi come gli strumenti e le modalità operative di gestione del rapporto con i contribuenti di cui attualmente dispone l’Amministrazione fiscale non siano in grado di determinare una significativa riduzione dei livelli di evasione che caratterizzano il settore dell’Iva e dell’imposizione sui redditi”.
Una bacchettata dei magistrati contabili insomma, secondo cui “l’effetto degli adempimenti previsti dalla normativa e l’azione dell’Amministrazione, non sono finora riusciti a modificare apprezzabilmente i livelli di adempimento spontaneo, mentre gravi difficoltà si registrano nell’effettivo recupero delle somme evase”.
Diventa quindi urgente l’adozione di un sistema di riscossione adeguato e in grado di garantire “l’effettiva distribuzione del carico fiscale”. “I risultati del 2020 dimostrano come l’attività di accertamento e controllo sia stata graduata, e in parte fermata, durante l’emergenza sanitaria. Al di là di quanto accaduto in questa particolare contingenza, non si può non osservare come la riscossione dei crediti pubblici presenti da tempo gravi difficoltà: a 20 anni dall’iscrizione a ruolo, la percentuale è inferiore al 30% del carico netto, e dopo 10 anni non raggiunge il 15%”, ha aggiunto Enrico Flaccadoro, presidente delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei Conti.
Nell’attesa dell’introduzione di forze giovani e fresche nella Pubblica Amministrazione, la Corte suggerisce anche di aggiornare il personale, poiché “la platea di ‘cinquantenni’ non può essere esentata dal partecipare attivamente, attraverso un aggiornamento mirato, alla costruzione di un assetto organizzazioni moderno, in prospettiva di una più ampia digitalizzazione dei processi – ha aggiunto Ermanno Granelli, presidente di coordinamento delle Sezioni Riunite in sede di controllo - per quanto riguarda il personale delle pubbliche amministrazioni occorre considerare che la necessaria attività di reclutamento di nuove risorse si inserisce in un contesto lavorativo in rapida trasformazione. Ad avviso della Corte, occorrerà procedere ad un attento esame del modello organizzativo di ciascuna singola amministrazione e ridefinire la composizione delle risorse umane in relazione a processi di lavoro diversi da quelli passati. Anche i profili non appaiono più rispondere alle caratteristiche professionali delle risorse umane di cui si avverte oggi la necessità. I futuri dipendenti delle pubbliche amministrazioni, oltre alle lingue dovranno possedere conoscenze e capacità pluridisciplinari e ineludibili abilità nell’uso delle nuove tecnologie. Non va dimenticato, che la soluzione dei problemi relativi all’attuale non adeguatezza complessiva delle risorse umane della pubblica amministrazione non può essere affidata solo al ricambio generazionale, dal quale è, comunque, necessario partire. I dati sull’anzianità media molto elevata celano, in realtà, un altro aspetto importante.
Occorre considerare che una quota molto rilevante di personale si addensa in prossimità del dato medio (51 anni circa): aspetto che evidenzia quanto le amministrazioni dovranno mettere in atto un massivo intervento di riqualificazione del proprio personale mediante programmi di formazione intensiva che puntino a colmare e sviluppare quelle aree di competenza fino ad oggi trascurate”.