Nell’era che un giorno ricorderemo come quella della “dematerializzazione”, nulla sfugge al passaggio dal cartaceo al digitale. Una rivoluzione che nasce con il nobile intento di risparmiare gli alberi (e le cartucce della stampante), e quello più prosaico di aumentare il monitoraggio sull’universo parallelo dei farmaci, specie quelli a carico dello Stato.
Così, in pratica, recita l’art. 54 della Legge di Bilancio 2025: “Al fine di potenziare il monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva nonché garantire la completa alimentazione del Fascicolo sanitario elettronico, tutte le prescrizioni a carico del SSN e dei Servizi territoriali per l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell'Aviazione civile e a carico del cittadino sono effettuate nel formato elettronico”.
Nei meandri della Manovra si riscrive il futuro delle ricette mediche, un passaggio del capitolo “salute” del Pnnr che riguarda anche l’healthcare, la medicina digitale, con visite mediche ed esami diagnostici a domicilio, video-consulti online e psicoterapia da remoto. Una nuova visione dai tratti avveniristici diventata necessaria con la crescita della dimensione del settore dei servizi sanitari dovuta all’invecchiamento della popolazione, l’allungamento dell’aspettativa di vita, la diminuzione del numero medio dei membri di una famiglia e una maggiore mobilità del lavoro.
Tornando alle ricette elettroniche, con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale diventeranno sempre e solo digitali, sia quelle “rosse” del SSN che le altre, le “bianche”, quelle totalmente a carico dei cittadini.
Un passo in avanti verso un progresso eco-coscienzioso, è vero, che però non tiene conto di quella fascia della popolazione anziana, che con l’informatica non ha rapporti di buon vicinato.
Per Tania Sacchetti, segretaria della Spi Cgil “La norma non prevede misure di accompagnamento come l’apertura di sportelli di aiuto o servizi per supportare i più anziani o chi ha difficoltà con la digitalizzazione. Si rischia di introdurre un fattore di esclusione sociale”. A placare gli animi ci pensa però un passaggio della norma in cui è previsto che potrà scegliere la ricetta elettronica solo chi è in grado di farlo, lasciando a quanti hanno difficoltà la possibilità di continuare e stamparsi le ricette su carta. E questo al netto di un momento in cui da diverse parti d’Italia arrivano segnalazioni di malfunzionamenti nella ricezione di ricette elettroniche, che dal veneto alle Marche hanno costretto i medici a rimettere mano al vecchio ricettario.
“L'idea di dematerializzare tutte le ricette, come previsto dalla Manovra, è quantomeno prematura e potrebbe bloccare l'attività dei medici e impedire l'accesso dei pazienti a farmaci e prestazioni importanti: alcuni come sonniferi e tranquillanti potrebbero non essere dematerializzabili - ha spiegato Silvestro Scotti, segretario della Fimmg (Fondazione Italiana Medici di Famiglia) – i flussi informatici hanno semplificato il lavoro delle amministrazioni e dei farmacisti, tuttavia la ricetta cartacea resta uno strumento indispensabile. C’è poi anche il rischio che i medici si sobbarchino il lavoro di altri, come i dentisti: quello che chiediamo è che anche tutti gli altri medici specialisti facciano le ricette digitali e non obblighino noi a fare i tipografi contoterzisti facendo materialmente le prescrizioni al loro posto”.
Per tutti gli altri, quelli che al netto delle conoscenze informatiche riescono almeno a rintracciare la ricetta sullo schermo dello smartphone, significa dire addio al penoso impegno di dover fare la fila dal medico curante per farsi prescrivere i farmaci abituali. Un passaggio talmente semplice e banale da diventare impensabile almeno fino a quando sull’umanità si è abbattuta la pandemia, che ha creato problemi a mai finire ma almeno ha tolto un fastidio dematerializzando le ricette e perché no, rendendo finalmente leggibile i geroglifici che i medici erano soliti scrivere a mano.
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