Luca Desiata è un giovane (perché a 51 anni tali si è ancora!) manager che, a dispetto di una laurea in ingegneria meccanica e di una carriera ragguardevole ai vertici di diverse aziende, ama la cultura classica e, in specie, il latino ed il greco.
Li ama a tal punto da aver ideato una serie di iniziative dirette alla loro diffusione nella società moderna (come l’evento “Il latino nell'era di Internet" presentato pochi anni fa alla Scuola Normale di Pisa) e rivolte non solo a studenti ma anche a professionisti.
E non basta, giacché ha perfino fondato una rivista di cruciverba in latino, giungendo anche ad organizzare, nel 2016, il primo Certamen Aenigmatum Latinorum (Olimpiadi di enigmistica latina), e a firmare, nello stesso anno, un protocollo d'intesa con il Ministro dell'Istruzione finalizzato a promuovere la diffusione dell’enigmistica latina e greca come strumento di apprendimento delle lingue antiche.
Nel 2022 ha inoltre scritto un libro (“Il latino per avere successo nella vita”) in cui dimostra come il latino possa essere utile nella vita quotidiana e nel successo personale.
Il manager è convinto dell’importanza del latino come lingua universale e immutabile e – riguardo alla cultura classica - dell’utilità delle materie astratte e poco concrete come strumento per sviluppare conoscenze e competenze, specie durante l’adolescenza, e dell’opportunità di ricorrere, per il loro insegnamento, ad approcci innovativi e stimolanti.
Nel corso della sua carriera manageriale, ha addirittura lanciato proposte molto ardite, come quella di usare il latino come lingua ufficiale nei verbali dei consigli di amministrazione o di impiegarlo in sostituzione di alcune espressioni inglesi utilizzate nel linguaggio aziendale. Tuttora appoggia quei movimenti (che pare siano molto diffusi) che tendono a ripristinare il latino come lingua di scambi nell’Unione Europea.
Sono senz’altro affascinanti ed accattivanti - per chi ha altrettanto trasporto e passione per la cultura e la tradizione antica - entusiasmi di tal genere, e sarebbero pure da sostenere se non fosse che, prima d’arrivare a siffatte quote d’eccellenza, occorrerebbe ripianare voragini culturali di inquietante evidenza.
In proposito, un dato su tutti facilmente verificabile riguarda la scarsissima conoscenza della geografia. Dalla riforma Gelmini in poi che ne ha ridotto l’insegnamento, si è assistito ad un vero e proprio tracollo delle relative conoscenze. Dai tempi in cui si studiavano a memoria tutte le province d’Italia e si conoscevano a menadito fiumi, laghi e bandiere –oltre alle barbabietole da zucchero che pare rappresentassero il canone della produzione agricola nazionale – si è passati al dominio incontrastato di Google Maps, indice di un “qui e ora” per cui conta più come arrivare da un luogo ad un altro - seguendo una voce guida che inibisce qualunque tentativo di memorizzazione - senza spesso sapere dove ci si trovi.
“Prof, in che Paese si trova NASDAQ?” mi ha chiesto qualche giorno fa un alunno durante una lezione di geografia economica. E non ho potuto far altro che prendere atto che c’è ben di più oltre il noto luogo comune secondo cui “Il Molise non esiste”.
In un suo articolo pubblicato nel 2017 sul Corriere della Sera, Beppe Severgnini a proposito della polemica sull’uso del telefonino in classe ha esposto il suo pensiero evidenziando come, prima ancora di occuparsi di vietare l’uso di ciò che, per quanto sofisticato, è uno strumento, il governo dovrebbe puntare allo scopo prioritario di far si che ci si rimetta a studiare seriamente e ad imparare. E ha fatto proprio l’esempio della geografia, osservando come “L’ignoranza della geografia non ha coinciso con l’avvento dello smartphone (2007). Da almeno quindici anni gli studenti italiani venivano privati di informazioni quali: confini, capitali, città principali, pianure, montagne, fiumi, laghi. Non so come sia accaduto, se sia colpa di programmi concentrati su aspetti socioeconomici o di docenti incoscienti. Ma rimango traumatizzato quando capisco che un giovane laureato confonde l’Oceano Indiano col Pacifico, ignora i confini della Germania e non sa indicare le regioni che s’attraversano per andare da Trieste a Trapani. Mio padre, classe 1917, a novantanove anni era in grado di rispondere. Non aveva Google Maps, ma era cresciuto con un atlante sul tavolo.”
Sottoscrivo ogni parola.
P.S. Luca Desiata è nato a Isernia. Scommetto che se chiedessi in classe dove si trova, probabilmente mi risponderebbero: “in Trentino”. Del resto, se il Molise non esiste…
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