Atteso per oggi il nuovo regolamento sui rimpatriati UE. Tra le maggiori novità un “Ordine di rimpatri europeo” che dovrebbe essere adottato dai 27 membri dell’Unione europea, secondo quanto si apprende dalla bozza in circolazione.
Nel dettaglio, si tratta di un regolamento composto da 52 articoli che è direttamente, e obbligatoriamente, applicabile dai singoli Stati membri. Attualmente, ogni Paese membro adotta il proprio sistema nazionale di rimpatrio, con il proprio approccio e le proprie procedure; un meccanismo che compromette l’efficacia dei rimpatri a livello europeo. Sarebbe questo uno dei motivi che ha spinto all’adozione di un regolamento univoco.
Da quanto si evince dalla bozza del Regolamento, l’istituzione di un sistema europeo efficace e comune per i rimpatri rappresenta un pilastro centrale del Patto su migrazione e asilo. Per un funzionamento ottimale, qualsiasi sistema di gestione della migrazione deve avere una politica credibile ed efficace in materia di rimpatrio. Nel momento in cui persone che non hanno il diritto di rimanere nell’UE rimangono, è evidente che si crea una falla nell’intero sistema di migrazione e asilo che viene, in questo modo, minato. Un meccanismo che si traduce in incapacità dell’Europa di attrarre e trattenere talenti, e inoltre, erode il sostegno dell’opinione pubblica a favore di società aperte e tolleranti. Ma non solo, in questo modo si incentivano gli arrivi illegali e, di conseguenza, si espongono i clandestini a condizioni precarie e allo sfruttamento da parte delle reti criminali. Basti pensare che, al momento, solo il 20% circa dei cittadini di Paesi terzi a cui viene intimato di lasciare l’Europa lo fa effettivamente; di fatti la maggior parte sfugge alle autorità e si trasferisce in altri Stati membri. È quanto contenuto nella suddetta bozza.
L’attuale direttiva rimpatri consente un ampio margine di manovra alle legislazioni nazionali per l’attuazione delle norme UE e ai tribunali nazionali per la propria interpretazione. Non mancano le segnalazioni da parte dei Paesi membri relativamente a problemi correlati alla mancanza di chiarezza delle norme e al protrarsi dei procedimenti amministrativi che compromettono il giusto processo. Ciò crea ambiguità e incertezza per i cittadini di Paesi terzi interessati e per le autorità che gestiscono i rimpatri. Inoltre viene sottolineata la mancanza di cooperazione dei cittadini di Paesi terzi, che possono opporre resistenza, fuggire o vanificare in altro modo gli sforzi di rimpatrio e rende difficile l’esecuzione delle decisioni di rimpatrio. Gli Stati membri hanno difficoltà a tenere traccia dei cittadini di Paesi terzi durante le diverse fasi delle procedure di rimpatrio, il che rallenta o impedisce i progressi; si prosegue nella bozza.
Infine, emerge che nel Regolamento sia sottolineato come la proposta di cui sopra rispetti i diritti fondamentali e osservi i principi riconosciuti, in particolare, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché gli obblighi derivanti dal diritto internazionale, in particolare dalla Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dal Patto internazionale per i diritti civili e politici, dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia.
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