L’hanno chiamato “Pensami”, che in realtà è l’acronimo di “PENsione A Misura”, un progetto che rientra nei tanti obiettivi del Pnrr e nella pratica è il nuovo simulatore aggiornato dall’Inps per essere adeguato agli incrementi alla speranza di vita, sulla base dello scenario demografico Istat relativo alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario messo a punto dalla ragioneria generale dello Stato e pubblicato lo scorso dicembre sul sito del Mef. Un servizio gratuito ad accesso libero senza SPID, possibile anche attraverso l’app “INPS Mobile” per Android e iOS, che “attraverso i dati immessi dall'utente propone le possibilità di pensionamento”.
E in effetti – tornando al nome di involontaria ironia - è quasi certo che il pensiero di molti trentenni andrà all’Inps, quando scopriranno che per andare pensione a 66 anni e otto mesi dovranno aver maturato vent’anni di contributi e un assegno di tre volte superiore a quello sociale (1.603,23 euro). E nel caso gli anni da conteggiare fossero meno di venti, toccherà restare al lavoro fino alla veneranda età di 74 anni. Con aumento proporzionale anche dei “pensieri” diretti all’Istituto di Previdenza Sociale.
La versione 2024 di “Pensami” tiene conto dell’importo massimo della pensione anticipata flessibile “Quota 103”, maturata sulla base dei requisiti perfezionati entro il 31 dicembre 2023. L’Istituto precisa che sono ancora in fase di elaborazione gli aggiornamenti del servizio che recepiranno le novità sulle pensioni introdotte dalla Legge di Bilancio 2024, che ha introdotto una stretta ulteriore sui requisiti per la pensione anticipata.
Al momento, in attesa della riforma delle pensioni promessa (pardon, minacciata) dal governo Meloni entro la fine della legislatura, gli attuali strumenti di uscita dal lavoro che da quest’anno limitano molto la platea.
Con una nota sull’Osservatore sull’Assegno Unico, l’Istituto ha spiegato che nei primi quattro mesi di quest’anno sono stati erogati 6,4 miliardi di euro a 6 milioni e 200mila famiglie per l’AUU (Assegno Unico e Universale), cifra che si aggiunge al 18,1 miliardi dello scorso anno e i 13,1 del 2022.
Lo scorso mese di aprile, l'importo medio per figlio comprensivo di maggiorazioni oscilla fra 56 e 224 euro, il primo riferito a Isee di 45.574,96 euro, il secondo con classe di Isee minima (17.090,61 euro): l’assegno ha raggiunto 5 milioni e 800mila nuclei familiari, con una media di 1,57 figli a carico e un importo pari a 256 euro.
Eppure, malgrado tutto, l’Italia resta in cima alla classifica dei Paesi europei per la spesa pensionistica rispetto al Pil. Secondo i dati di “Eurostat”, riferiti al 2021, nel nostro Paese il rapporto tra Pil e spesa ha raggiunto il 16,3%, assegnando all’Italia il secondo posto dopo la Grecia, dove il dato è al 16,4%, di poco superiore, a loro volta seguite da Austria (15%) e Francia (14,9%). Al contrario, la spesa incide meno sui conti di Paesi come Irlanda (4,5%), Malta (6,4), Ungheria (7) e Lituania (7,1).
Vista nel suo complesso, nel 2022 l’Europa ha messo mano a 1.882 miliardi di euro in pensioni per pagare la pensione al 27,2% della popolazione, il 12,9% del Pil globale UE, con una crescita certificata del 2,8% rispetto all’anno precedente. In media, nel 2021, un europeo in pensione ha ricevuto 15.428 euro, anche se la spesa varia parecchio tra i Paesi membri, raggiungendo il massimo in Lussemburgo (30.898 euro) e il minimo in Bulgaria (2.715 euro). La media italiana si è attestata intorno ai 18 mila euro.