Ogni giorno, in Italia, circa 150 famiglie vengono sfrattate, a fronte di un bacino di 10 milioni di abitazioni sfitte. È un paradosso tutto italiano, ma in realtà non solo, che ha come punto dolente le locazioni a breve termine, ormai quasi universalmente considerate una delle cause principali del disagio abitativo e del processo di spopolamento delle città.
Sono i risultati di un’analisi del Centro Studi “Aigab” (Associazione Italiana Gestori Affitti Brevi), realizzata attraverso gli annunci pubblicati sul portale del colosso “Airbnb”, considerando unicamente quelli “non dormienti”, ovvero che nell’ultimo anno hanno ricevuto almeno una prenotazione.
Il primo dato, sufficiente a dipingere il quadro, racconta il deciso incremento degli annunci comparsi online, passati dai 453mila del marzo 2023 ai 510mila dello stesso mese di quest’anno, il 13% in più per chi ama le percentuali. A livello nazionale, svettano nell’offerta Lombardia, Lazio e Campania, mentre altre Valle d’Aosta, Sardegna e Sicilia mostrano numeri invariati.
E se le richieste di sfratto aumentano in modo trasversale da Nord a Sud, il numero di case vuote riguarda soprattutto il Mezzogiorno, dove il 36% degli alloggi non è abitato. Le più recenti rilevazioni Istat – datate 2019 – raccontano che a Roma era completamente vuoto l’11,5% delle abitazioni, a Milano l’11,9%, a Bologna il 12%, a Torino il 18% e a Napoli il 20,3%.
Secondo l’Aigab, “L’aumento del numero degli immobili promossi online con finalità di messa a reddito attraverso gli affitti brevi quasi non intaccano la percentuale di immobili sfitti che supera a livello nazionale il 27% del totale, pari a 9,6milioni di abitazioni vuote (su 25 milioni), con picchi preoccupanti come il 56% della Valle d’Aosta o il 45% del Molise e il 42% della Calabria. Il peso complessivo degli immobili promossi online non arriva all’1,45% sulla media nazionale, avendo la maggiore penetrazione a livello regionale nelle aree rurali della Sardegna, Toscana, Liguria, Val d’Aosta e Trentino, che sono anche quelle con la maggiore incidenza di immobili non occupati”. Detto in altre parole, malgrado il fenomeno si concentri e sia molto più evidente nelle grandi città, esiste un bacino di affitti online anche in zone non particolarmente abitate.
I numeri, spiegano la situazione meglio di ogni concetto: a Bologna, dal 2013 allo scorso anno, il numero degli appartamenti destinati agli affitti brevi è aumentato del 300%, così come a Rimini (dai 50 del 2017 a quasi 1.200 nel 2023), a Torino, dove 6.000 annunci attirano un turista su tre. Ancora a Palermo, passata dalle 1.836 locazioni brevi del 2021 alle quasi 4.000 dello scorso anno e per finire a Bari, dove qualcuno ha calcolato che ogni nuovo giorno, almeno due appartamenti scompaiono dal mercato immobiliare per essere trasformati in case vacanza.
“La ‘turistificazione’ è una delle cause principali della crisi abitativa: l’esplosione degli affitti brevi turistici in Italia è stata un po’ l’ultima goccia, arriva dopo decenni di assenza di politiche pubbliche per la casa e di riduzione dello stock di case in affitto con l’aumento della proprietà – assicura la ricercatrice Sarah Gainsforth, autrice di diversi saggi sulle trasformazioni urbane, la gentrificazione ed il diritto all’abitazione - e la colpa di questa situazione ricade sulle politiche abitative seguite da decenni: non c’è alternativa al mercato privato, considerando lo stato dell’edilizia residenziale pubblica, quindi l’avvento degli affitti brevi turistici ha inciso sull’ulteriore riduzione dell’offerta privata in un momento in cui sempre più persone si rivolgono al mercato dell’affitto perché non possono acquistare. Bisognerebbe regolamentare veramente gli affitti brevi: la norma nazionale stabilisce che l’attività non è imprenditoriale fino a 4 appartamenti, mentre sarebbe più utile dare ai comuni la possibilità di limitare gli affitti brevi-turistici, sottoporli ad autorizzazioni e controlli e mettere anche un tetto all’aumento degli affitti privati”.