Neanche un mese fa, uno studente ancora minorenne (rimasto anonimo per ovvie ragioni) ha accoltellato la sua professoressa di storia in classe, al liceo «Alessandrini» di Abbiategrasso. Lo ha fatto scientemente e deliberatamente, portandosi da casa un coltello da caccia (di suo padre) ed una pistola finta con cui - dopo l’aggressione all’insegnante – ha minacciato i suoi compagni.
Fermato tempestivamente e ricoverato nel reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale San Paolo di Milano, è stato poi trasferito al carcere Beccaria di Milano, dove tuttora si trova.
L’accusa a suo carico è di tentato omicidio ed è ancora da accertarsi la sussistenza dell’aggravante della premeditazione, come peraltro farebbe pensare inequivocabilmente il fatto stesso che il ragazzo quel giorno fosse andato a scuola armato nonché il suo rancore nei confronti dell’insegnante per via di alcune note disciplinari ed una insufficienza che avrebbero potuto costargli un debito a fine anno.
Ho già avuto modo di esprimere le mie considerazioni a riguardo (cfr. “Quattro note e un voto” in Fiscal Focus del 2 giugno scorso), specie contro le pretese buoniste che vorrebbero ancora ricondurre ai disagi causati dalla pandemia alcuni comportamenti aberranti degli adolescenti.
Ed ho tenuto viceversa a rimarcare la necessità di recuperare un sistema educativo - volto anche all’incremento dei valori, della morale e del rispetto - che non può essere delegato esclusivamente alla scuola ma che deve rendere suoi alleati anche le famiglie che, viceversa, oggi tendono sempre più a disconoscere l’autorevolezza dei ruoli e delle funzioni tanto dell’istituzione che dei suoi insegnanti.
L’ultima conferma di una tale mancanza di sinergia - e, anzi, dell’opposta deriva verso atteggiamenti che, lungi dall’essere esemplari, finiscono per tradursi in fallimentari crociate a supporto dell’irresponsabilità di figli sempre più irrisolti ed immaturi - giunge proprio dalla famiglia di quel sedicenne di Abbiategrasso.
Com’era chiaro (ed anche auspicabile) che fosse di fronte alla violenza ed all’assurdità del suo gesto, ne è stata disposta l’espulsione dalla scuola nonché l’esclusione dallo scrutinio finale, che, per conseguenza, ha comportato la sua non ammissione all’anno scolastico successivo. Il tutto evidentemente a motivo della sua condotta che – al di là dell’esecrabilità del caso specifico – si dimentica che costituisce un parametro di considerevole valenza, tale da poter determinare la bocciatura di uno studente in maniera del tutto indipendente ed a prescindere dai suoi voti nelle discipline.
A prevederlo è una ben precisa normativa: in primo luogo l’art. 2 del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito in L. 30 ottobre 2008, n. 169, che testualmente stabilisce che: “La votazione sul comportamento degli studenti, attribuita collegialmente dal consiglio di classe, concorre alla valutazione complessiva dello studente e determina, se inferiore a sei decimi, la non ammissione al successivo anno di corso e all'esame conclusivo del ciclo.” Più in dettaglio, il Decreto ministeriale n. 5 del 16 gennaio 2009 individua poi i criteri e le modalità applicative della valutazione del comportamento e, nello stabilire che la votazione insufficiente può essere attribuita soltanto in presenza di comportamenti di particolare ed oggettiva gravità, fornisce un’apposita griglia contenente gli indicatori da considerare ai fini dell’attribuzione del voto di condotta. Secondo tale griglia, la votazione da 5 a 1 può essere assegnata, tra l’altro, allo studente che:
- ha commesso reati violando la dignità ed il rispetto della persona umana;
- ha commesso reati che hanno determinato una reale situazione di pericolo per l’incolumità delle persone;
- ha commesso atti perseguibili penalmente e sanzionabili, compresa l’occupazione non autorizzata degli spazi pubblici;
- ha intenzionalmente arrecato danni fisici a persone e/o danni materiali gravi alle attrezzature scolastiche;
- è stato sospeso con allontanamento dalla Scuola per un periodo superiore a 15 giorni;
Giacché ogni istituto scolastico ricalca tali previsioni nel proprio Regolamento, è evidente che la ragione della bocciatura dello studente dell’Alessandrini discende dalla considerazione che ognuna delle condotte sopra menzionate gli è palesemente ascrivibile.
Ma seppure non soccorresse il dato testuale e normativo, sarebbe il giudizio morale a reclamare una tale soluzione, se non altro in considerazione della necessità di ribadire quella valenza formativa che sembra essere rimasta – ahinoi! – prerogativa soltanto della scuola, in difetto, evidentemente, di una proficua azione della famiglia.
E difatti, proprio la famiglia di quell’alunno, a suo dire ingiustamente penalizzato da una bocciatura dacché avrebbe avuto soltanto l’insufficienza in storia, ha annunciato che farà ricorso contro la scuola, disconoscendo la correttezza della sua decisione.
Di fronte a tanta presunzione, inadeguatezza educativa e, soprattutto, avvilente irriverenza, forse è la condotta di certi genitori che dovrebbe essere per prima valutata.