Negli ultimi mesi, gli americani hanno assistito a rincari “selvaggi” dei prezzi: le carenze e i problemi della catena di approvvigionamento in tutto il mondo hanno mandato alle stelle i costi per produrre e spostare le merci, costringendo i consumatori a mettere mano al portafogli.
Da allora, i prezzi per alcuni settori favoriti dalla pandemia - come il legname - si sono livellati, ma anche se l’economia si avvicina alla normalità, l’inflazione negli Stati Uniti rimane inesorabilmente alta.
È un cambiamento drammatico e un altro esempio di come la pandemia stia rimodellando l’economia e la vita quotidiana. Prima del virus, l’inflazione - che la Federal Reserve chiede di contenere intorno al 2% - era stata bloccata verso il basso per anni. Ora, la Fed si trova a dover trovare un equilibrio sempre più difficile fra il sostegno alla ripresa attraverso ampi stimoli e mantenere l’inflazione sotto controllo.
Mentre la ripresa si fa sentire, gli elementi che spingono gli indici verso l’alto stanno cambiando: la gente spende più soldi per mangiare fuori casa, e il ritorno in ufficio sta spingendo i saldi estivi dell’abbigliamento: ma i prezzi del cibo consumato fuori casa sono aumentati del 4%, e quelli del vestiario del 5,6%.
Prezzi che secondo le previsioni dovrebbero normalizzarsi a breve. Il mese scorso, il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, rispondendo alle domande sull’inflazione nel corso di una conferenza stampa, ha detto che non c’è motivo di supporre che i prezzi rimarranno così alti per un periodo prolungato. Ma quanto a lungo resta del tutto incerto.
La Fed non è la sola ad aspettarsi un calo dell’inflazione: il mercato obbligazionario sta valutando le reazioni post-pandemiche come ostinatamente basse. La scorsa settimana, il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni è sceso al suo livello più basso da febbraio.
Anche gli investimenti in startup in tutto il mondo hanno battuto i massimi precedenti, raggiungendo 156 miliardi di dollari nel secondo trimestre, “il più grande raccolto degli ultimi dieci anni”, secondo la CB Insights. Gli Stati Uniti rappresentano quasi la metà dell’importo raccolto, con la Silicon Valley in testa che ha cementato la propria posizione di più grande hub tecnologico al mondo.
Il titolo di maggior valore appartiene a “ByteDance”, azienda proprietaria di “TikTok” (140 miliardi di dollari), seguita dalla società di pagamenti “Stripe” (95 miliardi di dollari) e dalla “SpaceX” di Elon Musk (74 miliardi di dollari).
Allo stesso tempo, un nuovo gruppo di investitori affamati di rendimento, inondati dalla liquidità della banca centrale, sta diventando sempre più attivo nella finanza privata. “Questo solleva seri interrogativi su come la ricchezza sarà diffusa mentre il venture investing completa la sua trasformazione da industria artigianale della Silicon Valley in uno dei motori principali della finanza globale”.
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