15 novembre 2018

Accordi conciliativi. Incidenza sul quantum del sequestro

Autore: Paola Mauro
In presenza di accordi conciliativi del contribuente con l'Erario, il Giudice penale può discostarsi dall'ammontare dell’imposta evasa come individuato in sede amministrativa, ma l'esercizio di tale autonomo potere deve accompagnarsi a una congrua motivazione.

A precisarlo è la Corte di Cassazione (Sez. 3 pen.) con la Sentenza n. 50157/2018, pubblicata il 7 novembre.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dagli indagati, avverso l’ordinanza di respingimento dell'appello cautelare, ex art. 322-bis Cod. proc. pen., volto alla riduzione del sequestro disposto dal GIP in relazione ai reati tributari oggetto di contestazione provvisoria.
Il Tribunale ha escluso la riduzione del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, in relazione agli artt. 3 e 8 del D.lgs. n. 74 del 2000, pur in presenza degli accordi conciliativi con l’Erario da cui era derivato il ridimensionamento della somma originariamente contestata, a titolo di evasione.

Per gli indagati, se è pur vero che è riconosciuto il potere di autonoma individuazione dell'imposta evasa al Giudice penale, nondimeno, per l'esercizio di tale facoltà, occorre una congrua motivazione, invece omessa nel provvedimento impugnato.
  • Ebbene, la Suprema Corte ha condiviso il rilievo difensivo.

Pronunciandosi sul rapporto tra confisca (somma confiscabile e previamente sequestrabile) e accordo con l'Erario, gli Ermellini hanno, innanzitutto, ribadito che, in tema di reati tributari, la disposizione di cui al comma secondo dell'art.12-bis del D.lgs. n. 74 del 2000, introdotta dal D.lgs. n. 158 del 2015, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato «non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro», deve essere intesa nel senso che la confisca - così come il sequestro preventivo ad essa preordinato - può essere adottata anche a fronte dell'impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l'evento futuro ed incerto costituito dal mancato pagamento del debito (Sez. 3, n. 42470/2016, tra le altre).

La locuzione «non opera», per i Giudici di legittimità, non significa che la confisca, a fronte dell'accordo rateale intervenuto, non possa essere adottata, ma che la stessa non diviene, più semplicemente, efficace con riguardo alla parte “coperta” da tale impegno, salvo a essere "disposta", come recita il comma 2 dell'art. 12-bis cit., allorquando l'impegno non venga rispettato e il versamento “promesso” non si verifichi.
Nella giurisprudenza di legittimità è stato, altresì, precisato che solo l'integrale pagamento del debito tributario, in virtù della necessità di evitare la sostanziale duplicazione dello stesso, può condurre alla non operatività della confisca e, correlativamente, all’obliterazione del sequestro imposto a tal fine, «essendo invece insufficiente la mera ammissione a un piano rateale di pagamento o il parziale pagamento effettuato a tale ultimo titolo» (Cass. pen. Sez. 3, n. 5681/2014).

Per quanto riguarda, invece, la determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa, suscettibile dapprima di sequestro e poi di confisca, nella giurisprudenza della Suprema Corte è pacifico il principio secondo cui spetta esclusivamente al Giudice penale il compito di accertare e determinare l'ammontare dell'imposta evasa, da intendersi come l'intera imposta dovuta, attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi e anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al Giudice tributario, non essendo configurabile alcuna pregiudiziale tributaria (Cass. pen. Sez. 3, n. 28710/2017).

Il Giudice penale, quindi, ben può discostarsi dalla quantificazione del profitto come risultante dalla conclusione di accordi conciliativi con l'Agenzia delle Entrate, ma l'esercizio di tale autonomo potere deve avvenire sulla base di congrue argomentazioni, poiché in caso contrario si perverrebbe alla introduzione di una pregiudiziale tributaria non prevista nell'ordinamento giuridico.

Nel caso che ci occupa, pertanto, la Suprema Corte ha accolto il ricorso degli indagati perché il Tribunale ha errato«nel concludere che gli accordi intervenuti tra i ricorrenti e l'Agenzia delle Entrate (tre accordi conciliativi ed un accertamento con adesione) non avessero incidenza nel processo penale, nel quale manteneva validità l'accertamento compiuto che legittimava il mantenimento del sequestro sull'intero ammontare dell'imposta evasa come determinata, quale che fosse il diverso ammontare frutto dell'accordo tra contribuente ed erario, omettendo di argomentare le ragioni per le quali intendeva discostarsi dalla determinazione dell'imposta frutto di accordo».

E allora, in sede di rinvio, il Tribunale di Brindisi dovrà pronunciarsi nuovamente sulla domanda di riduzione del sequestro, alla luce del seguente principio di diritto:
  • Nel caso di accordo conciliativo con l'Erario, deve attribuirsi rilevanza alla quantificazione del profitto operata in sede amministrativa, ma il Giudice penale, in forza dell'inesistenza di una pregiudiziale tributaria, ben può discostarsi dalla determinazione dell'ammontare del profitto come risultante nell'accordo, ma di ciò deve dare congrua motivazione.
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