22 ottobre 2018

Avviso anticipato. L’approssimarsi della decadenza non evita la nullità

Autore: Paola Mauro
La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Sent. n. 23670/2018) ha affermato che l’avviso di accertamento, emesso prima del termine dilatorio di cui all’articolo 12 comma 7 della L. n. 212 del 2000, ove non ricorra una situazione di particolare e motivata urgenza, è affetto da un vizio intrinseco correlato al corretto iter formativo dell’atto, con conseguente illegittimità dello stesso anche ove il contribuente non abbia subito per effetto di tale violazione alcun concreto pregiudizio.
  • In base all'art. 12, Legge 212/00 (Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali), «Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo […]» (comma 1); si stabilisce inoltre (comma 7) che: «Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza […]».

La pronuncia della Suprema Corte qui in esame riguarda alcuni avvisi di liquidazione in materia d’imposta di registro e ipocatastali emessi dall’Agenzia delle Entrate in conseguenza di un’operazione negoziale riqualificata come cessione di ramo d’azienda.

Gli atti impositivi sono stati emanati appena cinque giorni dopo la notifica alla Società contribuente del verbale di chiusura delle operazioni di verifica, con conseguente pressoché totale elisione del termine di sessanta giorni di cui all’articolo 12 comma 7 della Legge n. 212 del 2000, posto a garanzia del contraddittorio preventivo.
  • Il giudice regionale ha ritenuto infondato il motivo di opposizione proposto relativamente alla violazione dell'articolo 12 citato, sostenendo, da un lato, che la mancata osservanza del termine ivi prescritto non sarebbe sanzionata a titolo di nullità e, dall'altro, che l'approssimarsi della decadenza costituiva comunque valida ragione giustificatrice della sua mancata osservanza, trattandosi di evento non imputabile all'Amministrazione finanziaria.

Secondo i giudici di legittimità, invece, gli atti impugnati non sono stati assistiti dalla motivata indicazione di alcun fatto concreto idoneo a giustificarne l'emissione prima del tempo, giacché l'Amministrazione si è limitata a indicare, come causa di particolare urgenza, quella di evitare la decadenza triennale dall'imposizione ex art.76, comma 2, d.P.R. 131/86.

Al riguardo vale quanto affermato da Cass. nn. 5149/2016 e 17202/17, ossia che le ragioni di mancata osservanza del contraddittorio preventivo «non possono in alcun modo essere individuate nell'imminente scadenza del termine decadenziale dell'azione accertativa».

Invero, anche l'imminente scadenza del termine decadenziale può essere talvolta considerata quale ragione giustificativa della mancata osservanza del termine di sessanta giorni; ma ciò – spiegano gli Ermellini - solo quando l'Amministrazione dimostri(e motivi) che la protrazione dei tempi dell'accertamento, e il loro giungere alla suddetta imminente scadenza, sia dipesa da fattori non imputabili all’ufficio, perché indipendenti dalla sua azione e potestà; «così da imporsi la notificazione ante tempus dell'avviso di accertamento allo scopo di non veder vanificato, per l'influenza di elementi esterni al controllo dell'amministrazione o addirittura ascrivibili allo stesso contribuente, l'adempimento dell'obbligo tributario» (Cass. nn. 1869-3142-9424/2014).

Quanto agli effetti dell'inosservanza del contraddittorio - vale a dire, dell’emanazione dell'avviso di accertamento prima del decorso dei sessanta giorni (dal rilascio di copia del processo verbale di chiusura delle operazioni) entro i quali il contribuente, che ha subito l'accesso, è ammesso a comunicare all'ufficio impositore osservazioni e richieste -, l’orientamento interpretativo della Suprema Corte è ormai consolidato nel senso, non della mera irregolarità procedimentale, bensì della radicale illegittimità sostanziale dell'avviso, atteso che «detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva» (per tutte, Cass. S.U. n. 18184/2013). La preminenza degli interessi protetti con il contraddittorio in oggetto esclude che la sua violazione possa successivamente trovare sanatoria di sorta; pur a fronte del diritto del contribuente, sempre garantito, di far valere le proprie ragioni in sede tanto di autotutela quanto di ricorso giurisdizionale. In tal senso deve interpretarsi la norma di riferimento la quale, pur non prevedendo espressamente alcuna sanzione di nullità in caso di mancato rispetto del termine, stabilisce comunque in modo non equivoco la preclusione all'ulteriore impulso dell'attività impositiva, posto che, prima del decorso del termine, «l'avviso di accertamento non può essere emanato».
  • Ebbene, nel caso di specie, è indubbia la violazione del contraddittorio preventivo – posto che gli atti sono stati emanati, in assenza di particolare e motivata urgenza, appena cinque giorni dopo la notifica del verbale di chiusura delle operazioni di controllo - e ciò costituisce, secondo gli Ermellini, «insuperabile causa invalidante gli avvisi dedotti in giudizio».

Perciò la Sezione Tributaria della Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, ha accolto il ricorso introduttivo della Società contribuente mediante annullamento degli avvisi di liquidazione opposti.
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